Un austero Tannhäuser debutta dopo 25 anni

Torna all'Opera dal 29 ottobre, dopo ben venticinque anni, il giovanile Tannhäuser di Wagner, nella corposa revisione parigina. Doveva essere l'allestimento un po' trasgressivo dell'Opéra Bastille di Parigi firmato da Carsen, sarà invece un Tannhäuser curato dall'evergreening Filippo Crivelli (ottant'anni compiuti ma al suo debutto in Wagner), che si è avvalso delle maestranze del teatro per un allestimento fatto in casa nel solco della tradizione. Sul podio Daniel Kawka a dirigere un cast in cui si distinguono i nomi dello specialista Mathias Görne (Wolfram), Stig Andersen (il protagonista) e Martina Serafin (Elisabeth) già applaudita Tosca due anni addietro. «Dopo aver diretto a Mosca la versione di Dresda, affronto ora quella parigina, magnifica, più ricca di musica e drammaturgia - rivela Kawka – Nell'allestimento ci sono due dimensioni (una storica, l'altra drammaturgica) e una visione poetica che lascia spazio ai cantanti per esprimere il fondo psicologico dei personaggi».  «A Roma ho debuttato nel 1964 - ricorda Crivelli - Wagner era per me un salto nel buio, ma amo i rischi. Lavorare con Kawka mi ha riportato indietro nel tempo, quando regista e direttore collaboravano strettamente. Quale allievo di Zeffirelli e Visconti amo rispettare la musica. Uno degli scogli era il Baccanale iniziale, che a Parigi scandalizzò il pubblico: ci serviamo di un video come visione del male. Dopo l'indigestione d'amore Tannhäuser torna nella natura: la Wartburg è il regno dell'ordine e della noia. Nonostante sia attratto da Elisabeth, Tannhäuser è sempre risucchiato dalle seduzioni di Venere. Elisabetta è attratta dal cantore tedesco come lo sarebbe oggi da una popstar come Tiziano Ferro o Baglioni.Ma invece di cantare l' amore cortese Tannhäuser invita tutti al piacere del sesso: l'amore è carne e non solo spirito. Le scene essenziali alla Appia o alla Craig - prosegue il regista - mi aiutano nell'intento di raccontare la storia, spesso incomprensibile. Non amo le edizioni stravaganti. Un pizzico di trasgressione c'è solo nei costumi del coro dei pellegrini, tra cui extracomunitari o contestatori in jeans. Io il teatro lo faccio all'antica».