Festival del Cinema di Roma Presentato "L'uomo che verrà"

Lunghi e sentiti applausi per «L'uomo che verrà» di Giorgio Diritti. Girato in antico dialetto emiliano, il film racconta la strage di Marzabotto, compiuta dalle truppe naziste sulle colline bolognesi il 29 settembre 1944. Nell'ultima pellicola italiana in gara al Festival di Roma (dal 29 gennaio nelle sale distribuita da Mikado) è lo sguardo innocente di una ragazzina sordomuta (interpretata da Greta Zuccari Montanari) a vedere fucilate 770 persone, tra donne e bambini. Nel cast, oltre a Maya Sansa, Alba Rohrwacher e Claudio Casadio, anche molti sopravvissuti che hanno patito in diretta il dolore di quei giorni: e sono ancora così toccati da quella tragedia da assalire durante le riprese le comparse vestite con i panni delle Ss. Il regista, che ha dichiarato di essere stato fedele alla storia, giudicando con equilibrio colpe di nazisti e scelte di partigiani, non ama però la cultura del revisionismo. «La ricostruzione è nata da molte foto d'epoca prese dalla cineteca di Bologna - ha spiegato Diritti -. L'esercito tedesco era davvero composto da giovanissimi, come si vede nel film. Questo fa capire come si trattasse di una generazione formata dal nazismo che considerava gli italiani traditori come una sottospecie da uccidere, al pari di un topo o una mucca, per pulire il territorio. Non ho usato stereotipi e non c'è nemmeno un nazista con un cane lupo a fianco. Se per alcuni in quell'occasione i partigiani avrebbero potuto fare di più, è pur vero che erano mal armati e non potevano immaginare ciò che sarebbe successo in breve tempo. Gli elementi di inefficienza e di impreparazione della brigata Stella Rossa emergono tra paura e disorientamento. In questa ottica il revisionismo mi dà fastidio. Dopo la fine del conflitto la Guerra Fredda ha nascosto la verità in tante situazioni: questo film non potrà restituire la vita alle persone ma potrà certo risvegliare la memoria comune del Paese. Alla base della storia c'è l'incontro con i sopravvissuti. L'apporto, non solo della vicenda umana, ma anche dei sentimenti delle persone è stato fondamentale. Si è aperto un percorso di sofferenza iniziato in quei giorni e ancora non finito oggi: di fronte alle centinaia di morti tutti sono rimasti agghiacciati dai sensi di colpa e di angoscia. Una volta, una donna che ricordava quei momenti subì un processo di rimozione e le tornò la voce di quando era bambina». Diritti si è tolto anche un sassolino dalla scarpa, rispondendo a Fabrizio Del Noce, direttore di Rai Fiction, che ha soprannominato i registi di cinema dei «mantenuti di Stato»: «Facile criticare gli altri da posizioni comode. Persone come Del Noce dovrebbero ragionare su come siano giunte a certe cariche e a stipendi così alti, mentre tanti faticano ad arrivare a fine mese».