Stefania Sandrelli debutta in regia con il film "Christine Cristina"
Non è mai troppo tardi per debuttare. Soprattutto se a farlo è la signora del cinema italiano, bella, appassionata e anticonformista. Così, a 63 anni, Stefania Sandrelli esordisce alla regia con «Christine Cristina» (fuori concorso al Festival di Roma). Per il debutto, la neo-regista rievoca la storia della poetessa Cristina da Pizzano nella Francia Medioevale del XIV secolo (ricreata in alcune zone del Lazio e su un set «riciclato» di Cinecittà). Protofemminista, nata a Venezia nel 1364, Cristina si trasferì in Francia perché il padre, eccellente astronomo, venne convocato alla corte di re Carlo. Ma quando il re morì, tutto cambiò: la donna rimase sola e povera, dopo la morte del padre e del marito, con tre figli a carico. Costato 2 milioni e mezzo di euro, interpretato da Amanda Sandrelli, Alessio Boni e Alessandro Haber, il film (prodotto da Cinemaundici, Diva e Rai Cinema) sarà distribuito da 01 l'anno prossimo. Stefania Sandrelli, cosa l'ha appassionata di questo personaggio? «Cercando dei libri per il Natale rimasi attratta dalla miniatura di una donna raffigurata su una copertina e scoprii Cristina, poi fu lei a saltarmi addosso, esortandomi a occuparmi delle sue vicende. Il suo modo di rimboccarsi le maniche e di affrontare nel bene e nel male ciò che la vita le offriva mi appartiene. Come adesso, anche allora non era facile mantenere tre figli da sola e poi sfondare in un mondo letterario e maschilista». Anche lei ha cresciuto sua figlia Amanda a soli 16 anni, subendo per giunta le critiche per la sua relazione con un uomo sposato. «Sì, anch'io sono un po' come lei, passionale e coraggiosa. Christine s'innamorò di Gerson, uomo di Chiesa che fu molto solidale con lei e la sua poesia». Perché ha scelto sua figlia Amanda per interpretare Cristina? «Non certo per motivi materni. In Amanda ho trovato bravura e disponibilità. E poi rappresenta alla perfezione la femminilità di Cristina, una donna che non ha mai usato modelli maschili, non si è mai virilizzata, come fece invece Giovanna d'Arco». A quali registi si è ispirata per questo film? «Ho rubato per quasi 50 anni tutto quello che ho avuto la fortuna di osservare. Ho vissuto sui set di grandi autori, come Germi, Monicelli, Comencini, Bertolucci. Li spiavo e molto di loro mi è rimasto dentro. Ho chiesto consigli a Scola e c'è stato anche il coinvolgimento di Gerard Depardieu, ma poi ho preferito realizzare una piccola storia italiana». Il film è un inno alla libertà di parola... «Assolutamente sì. Non a caso c'è un passaggio nella pellicola in cui si afferma che verità e potere non vanno d'accordo». Ha avuto difficoltà a trovare finanziamenti? «Parecchie, ma sono una tosta. In Cristina ho visto prima me, poi mia figlia e infine tutte le donne. La sensibilità femminile aggiunge qualcosa di molto importante all'arte, anche quando a metterla in campo sono gli uomini». Il Festival ha reso omaggio a donne over sixty come lei, la Mirren e la Streep: è l'età della rinascita? «Direi proprio di sì. Superati i 50 gli uomini perdono la bussola e le donne rinvigoriscono».