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Superare il dolore con «Mantice»

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Èquesto Pasquale Rozzi che la bellezza, poi, la condivide senza remore, come fa in «Mantice» (Il Filo, 12 euro). La sua è un'attenzione commovente per il bello che anima l'arte, così come la quotidianità. Le sue poesie, una novantina raccolte in un libretto sottile, raccontano di storie familiari e della ricerca, continua e sospesa, di se stesso. Versi che parlano d'amore e di dolore, strofe che disegnano il contorno di ricordi lontani. Il mantice è quello della fisarmonica di suo padre e quello del bandoneon, strumento usato nella musica del tango ma nato in Germania in quelle chiese che non potevano permettersi un organo. «L'anima ride e accetta il dono del dolore perché un uomo ha il dovere di creare un mondo migliore»: è l'incipit della raccolta e il suo senso più vero. Rozzi incarna il tentativo dell'artista che usa il dolore come fonte di energia per superare continuamente i suoi limiti e il suo è un piccolo manualetto intriso di entusiasmo e teso alla ricerca dell'altro e dell'oltre. In poche parole, «Mantice» è un canto libero, o almeno, ha l'aspirazione di diventarlo da grande.

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