Rondi: "Io? Ricevo solo complimenti"
Ha incassato parecchi complimenti e anche qualche «frecciatina», ma lui, Gian Luigi Rondi, padre della critica cinematografica italiana e presidente del Festival Internazionale del Film di Roma ringrazia tutti e tira dritto per la sua strada. Un saluto calorosissimo e fervidi complimenti gli sono giunti dal presidente della Repubblica Napolitano e un attestato di stima perfino (cosa rarissima in Italia) dal suo predecessore Goffredo Bettini. Critiche al Festival invece da qualche quotidiano (su La Stampa: «Cambiato lo spirito, da happening popolare a rassegna come tutte le altre», firmato Lietta Tormabuoni), che non scalfiscono la verve di Rondi. Presidente Gian Luigi Rondi, vorrei offrirle l'occasione di togliersi qualche sassolino dalle scarpe... «Sassi nelle scarpe non ne ho. Fino ad oggi, sul mio Festival, ho sentito solo critiche positive». Ma il suo è un happening popolare o una festa? «Per carità, né un happening né una festa. Il mio è un festival che raccoglie tutto quello che il cinema può offrire e, visto che è per il pubblico, con tutti quegli eventi collaterali, come mostre, appuntamenti culturali, manifestazioni, che possono dare un'immagine esauriente della nostra società. Un'attenzione speciale quest'anno l'abbiamo voluta per l'ambiente, dedicandogli un'intera sezione: "Occhio sul mondo". Il mio motto è e rimane: tutto il cinema per tutti. Devo ringraziare Walter Veltroni che ha fondato questo Festival e Goffredo Bettini che l'ha saputo realizzare». Cosa è per lei il cinema? «Il cinema è una delle forme d'arte. Si è affermata nel secolo scorso, necessariamente associandosi ad altre forme d'arte come la musica e l'architettura... Il risultato è un complesso di tutte le arti i cui prodotti sono i film, attorno ai quali si è creato un intenso movimento di pubblico. Per anni è stato un movimento unico, oggi c'è anche la tv». Che pensa della televisione? «Con il Festival non c'è un rapporto diretto, ma un'associazione, una fratellanza, tramite il Roma Fiction Fest, creato dalla Regione Lazio, che ha contribuito anche alla nascita del Festival del Film di Roma. Cinema e tv sono due mezzi semantici e alcuni grandi autori, passati dall'uno all'altra, come Bergman e i Taviani, lo dimostrano». Lei è cattolico, le ha creato problemi non essere di sinistra? «No, ho saputo muovermi bene. Nel '71 i comunisti non volevano che io dirigessi la Mostra di Venezia, ma una lettera di Visconti all'allora responsabile della Cultura del Pci, Napolitano, risolse tutto. Recentemente il presidente l'ha ricordata, in una occasione ufficiale». Si è commosso? «Io non mi commuovo mai». Avere successo forse le è costato più fatica che ad altri? «Se si deve faticare è segno buono, avere successo non è come bere un bicchier d'acqua».