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La stella bianca sull'acciottolato e al centro il Marco Aurelio a cavallo.

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Michelangeloarchitetto, che inventò nel 1537 il riassetto di Piazza del Campidoglio su commissione di papa Paolo III, è un grande regista. Modella gli edifici, l'urbanistica, come coupe de theatre. Lo stesso nel salotto di piazza Farnese e nel gioco maestoso di Santa Maria degli Angeli. All'altro Michelangelo, non scultore e pittore, il meno citato, a torto, i Musei Capitolini rendono giustizia con una mostra da oggi al 7 febbraio. Presenta in teche, nel tutto-buio che garantisce la salute delle carte, documenti, disegni autografi, stampe. 105 opere, 17 sezioni, una mole di oggetti, molti provenienti dalla Casa Buonarroti, a Firenze, la maggior raccolta di progetti michelangioleschi. Con inediti e retroscena della storia di Roma. Per esempio una statua di Giove, di epoca romana, tra i pezzi esposti. Dal Belvedere Vaticano arrivò in Campidoglio. «Michelangelo voleva sistemarla nella nicchia centrale di Palazzo Senatorio - spiega Claudio Parisi Presicce, direttore dei Capitolini - Ma dopo la sua morte si cominciò a litigare sulla statua e non se ne fece più nulla. Al suo posto andò la Minerva, poi trasformata nella Roma cristiana. Il Giove fu sistemato a Palazzo Braschi, a decoro di uno scalone». Ma resta la rivoluzionaria sistemazione del Campidoglio: in antichità le statue equestri erano sul perimetro delle piazze, lui la sistema al centro. E l'ingresso non è più dal Foro, ma dalla parte opposta, come per abbracciare la città. Un'idea ecumenica di sacro. Visite quidate ai luoghi michelangioleschi si affiancheranno alla mostra: una delle tappe, Porta Pia. O la tomba di Giulio II, con il volitivo Mosè, nella chiesa di S. Pietro in Vincoli. Ha ragione l'assessore Croppi: la rassegna su Michelangelo architetto è un «atto dovuto alla città».

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