Gli attori diventano burattini nella drammaturgia di Buchner
Non accade molto spesso che il pubblico italiano possa vedere uno spettacolo di William Kentridge e, quando accade, è sicuramente un'occasione da non perdere. Perché si tratta di una personalità assai ricca e complessa, capace di spaziare con eccezionale versatilità creativa nell'arte visiva, nel cinema e nel teatro musicale e di parola. Sempre con risultati di grandissimo pregio, fra cui un indimenticato Flauto Magico visto in Italia al San Carlo di Napoli, che ne fanno un maestro di livello internazionale, celebrato peraltro al Festival di Cannes nel 2004 con un apposito focus a lui dedicato. Sì che con giusto orgoglio il Festival RomaEuropa ripropone oggi all'attenzione degli spettatori, in collaborazione col Teatro Eliseo dov'è in scena da oggi al 2 ottobre, uno storico Woyzeck in the highveld. Una produzione del 1992, osannata dalla critica per la sua perfezione e riallestita nel 2008 per una lunga tournée attraverso diversi Paesi del mondo. Dove l'originario Woyzeck di Georg Buchner viene ripreso in una nuova stimolante lettura che vede il protagonista, autentica vittima del militarismo prussiano, trasformarsi in un cameriere dalla pelle nera nell'altopiano dello Highveld, terra d'origine dello stesso regista. Trovando nell'Africa dell'apartheid una nuova connotazione sociale e, nello spettacolo, primo frutto della collaborazione del regista con la preziosa arte della Handspring Puppet Company, un'affascinante commistione di attori, animazione e burattini. Dando luogo a una sintesi poetica e affascinante e all'incontro innovativo di una drammaturgia contemporanea e di un tradizionale teatro di figura.