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Piombo e croce celtica Quei terribili anni romani

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Lapolizia decide di arrestare Concutelli poche ore dopo la "soffiata" di Bianchi. È la notte tra il 12 e il 13 febbraio 1977. L'intero Ufficio politico della Questura di Roma, guidato da Umberto Improta, e tutti gli operativi del servizio di sicurezza del Viminale di Emilio Santillo arrivano in via dei Foraggi. Sentiamo il ricordo di uno di loro, oggi ancora in servizio e quindi coperto dall'anonimato: «Bianchi ci dice dove si trova Concutelli. Arriviamo là al gran completo. Di fronte al residence dove si nasconde, c'è una caserma dei vigili urbani. Ci appostiamo lì per vedere le sue mosse. Bianchi ci aveva detto che lui in genere andava a dormire molto presto e che la notte non usciva mai perché aveva paura di essere beccato. Così aspettiamo le 3 di notte e ci muoviamo. Il residence ha un lungo corridoio coperto, poi un cortile scoperto, infine l'entrata. Sopra il ballatoio, al primo piano, si apposta il commissario Schiavone, uno che aveva lavorato con Santillo. Al piano di sotto, proprio a sinistra della porta di casa di Concutelli si piazza il maresciallo Esposito, un altro ex di Santillo, con un Heckler & Koch in mano. Davanti alla porta si mette Elio Cioppa. Dietro cinque agenti con caschi, maschere e una mitragliatrice Pm 12 in mano, tra cui l'autista di Alfonso Noce, responsabile dell'antiterrorismo. Hanno tutti il giubbotto antiproiettile. Più dietro i commissari Mario Fabbri e Gennaro Monaco. E dietro questo gruppo, il resto della squadra, compreso Umberto Improta. A quel punto accade qualcosa di pazzesco. L'autista di Noce, stremato dalla tensione, fa partire una raffica di Pm 12. Un colpo raggiunge il soffitto, ma gli altri colpiscono in faccia l'agente che gli stava davanti, che stramazza al suolo. Fabbri e Monaco si precipitano a soccorrerlo e gli tolgono la maschera. Per fortuna respira ancora. Dicono: "È vivo, è vivo!". Intanto Schiavone si mette e urlare contro l'autista di Noce: "Cazzo, è morto, l'hai ammazzato!". Gli toglie l'arma dalle mani e comincia a prenderlo a calci nel culo. A quel punto, portato via l'agente, decidiamo che non possiamo perdere altro tempo. Facciamo irruzione nella casa. Urliamo come dei pazzi: "Polizia, apri, apri!". Dall'interno non si sente niente. Allora sfondiamo la porta con una mazzetta e il maresciallo Esposito spara una raffica verso il soffitto dell'appartamento. In quel momento Concutelli urla: "Non sparate, non sparate, mi arrendo!". È a torso nudo con i pantaloni del pigiama. Appena esce dall'appartamento ci dice: "State attenti prima di entrare, la casa è piena di esplosivo. Saltiamo tutti in aria". Entra Improta, che gira per tutta la casa, poi vede un borsone, lo apre e dentro trova la mitraglietta Ingram con cui Concutelli aveva sparato a Occorsio. Portiamo Concutelli in Questura. È abbacchiato. Lo facciamo dormire nella stanza accanto a quella di Improta. Il giorno dopo arrivano giornalisti e telecamere. Appena vede stampa e tv, Concutelli si trasforma. Si alza, si mette a fare il saluto romano e comincia a urlare: "Mi sono arreso per un atto di economia rivoluzionaria, ma continuo la lotta", e stronzate varie. Poi si mette a parlare dell'omicidio Occorsio. "Cazzo", ci diciamo, "non si può fare. Ma che sta facendo, una conferenza stampa?". Così stacchiamo i fili della corrente per impedire che le telecamere continuino a riprendere quella sceneggiata».

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