Lorenzo Tozzi Mancava dal Teatro dell'Opera da ben venticinque anni.
Èil Pelléas et Melisande (1902) di Claude Debussy su libretto del belga Maurice Maeterlinck, una sorta di Tristano e Isotta moderno che si accende dei significati del simbolismo. Torna in scena dal 2 ottobre (repliche sino al 9) sotto la direzione di Gianluigi Gelmetti per la regia di Pierre Audi, che si avvale delle scene del celebre scultore Anish Kapoor, dei costumi di Patrick Kinmonth e delle luci di Jean Kalman. In questa coproduzione, realizzata insieme al Teatro della Monnaie di Bruxelles, canteranno Monica Bacelli, che aveva cantato 25 anni fa all'Opera nel ruolo del piccolo Yniold, Nathalie Manfrino, Massimiliano Gagliardo, J. Françoise Lapointe, Enzo Capuano. «È una perla del Novecento – la definisce Gelmetti – Da dieci anni volevamo eseguirla. L'allestimento non è oleografico, ma si avvale di uno dei più grandi scultori contemporanei. È concettuale e pieno di simboli: consente molteplici chiavi di lettura. Del resto Debussy era interessato all'occultismo, come Don Brown ci ha raccontato, e faceva parte del Priorato di Sion. Qui però la simbologia, che nel Flauto magico mozartiano era manifesta, diventa nascosta. La regia è coerente e moderna, ma mai invasiva». Entra nello specifico il regista Audi: «In genere le scenografie dipendono dalla visione registica, qui invece tutto è nato dalla originale scultura di Kapoor, che ha condizionato le mie scelte. Abbiamo voluto tornare alle origini sia nella musica (la prima versione senza gli allungamenti richiesti a Debussy per i cambi di scena) che nello spirito: Maeterlink si è ispirato al mito di Barbablù dove Melisande è l'ottava moglie. Ho utilizzato questa atmosfera per illustrare Golaud (il marito di Mélisande) nell'opera. È un personaggio tormentato dal comportamento strano e violento. La protagonista è però Mélisande, che si innamora del cognato Pelléas, ed alla fine muore».