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CATANIA In Sicilia con amore.

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Messaggioche vuole andare lontano perché il film è pronto a entrare nella gara degli Oscar. A Catania c'è il muro di Librino, squallido viadotto di periferia ora trasformato in bassorilievo di due chilometri da artisti e dai ragazzi che ci abitano intorno. Li ha portati via dalla strada e dalla tentazione della droga il mecenate Antonio Presti, impegnato da anni a trasformare il brutto in bello, gli emarginati in cittadini. E c'è la scommessa di un festival appena nato, sotto il segno del vanto della città, Vincenzo Bellini. La sfida viene da Roma, da Enrico Castiglione, ideatore nella Capitale del Festival di Pasqua e di quello Euro Mediterraneo. Adesso nella prima isola del Paese ha fortemente voluto, col sostegno delle istituzioni locali, la rassegna-omaggio al musicista della «Sonnambula». «Un segnale in controtendenza - dice -. Ci si lamenta dei tagli al Fus, chiudono teatri, s'inabissano eventi e invece qui nasce una manifestazione. Non una tantum, ma appuntamento annuale». Il Festival ha portato nella città del «liotru», l'elefantino con l'obelisco che campeggia nel salotto barocco di piazza Duomo, stelle della lirica come June Anderson, Montserrat Caballé e Renato Bruson, un nuovo balletto di Micha von Hoecke, Chiara Muti e Pamela Villoresi, l'Orchestra da camera dei Berliner Philharmoniker, convegni, mostre, film sul melodramma e sul musicista etneo, campione del romanticismo che Parigi ci invidiò. Tanto da non volerne restituire le spoglie, riportate poi a furor di popolo a Catania e sepolte in Duomo, al pari dei re aragonesi. Ma soprattutto questo Bellini Festival ha raggrumato l'orgoglio della città - scossa dal deficit delle casse comunali che ha causato perfino il razionamento della pubblica illuminazione, emergenza infine superata - sul proprio patrimonio culturale, sull'immagine artistica, letteraria, musicale da rimandare all'esterno. Così la prima della «Norma» - regia di Castiglione, protagonista la Anderson - ha avuto uno scenario inedito: la cavea del teatro romano, appena restaurato, incastonato tra i palazzi del Centro, proprio sotto la casa di Bellini. Castiglione ha dato agli spettatori anche ciò che il sito archeologico ha perduto: con la tecnologia di immagini ad alta definizione - si chiama anastylosis dei monumenti - ha ricreato le colonne, gli archi, gli elementi architettonici mancanti. Ha fatto così scenografia senza costi esorbitanti ed operazione filologica. I catanesi, e non solo, hanno stipato il teatro ritrovato, hanno applaudito lo spettacolo, pur se interrotto una manciata di minuti dalla pioggia-monstre che tormenta la Sicilia. Qualcuno ha borbottato per i gradoni troppo alti e per lo spazio angusto. Ma intanto l'esperimento è stato il segnale di una strategia del fare, vettore del perfettibile: l'anno prossimo nuovi restauri porteranno da 1.300 a 4 mila i posti sulle gradinate. E il teatro romano sarà un altro grano da aggiungere alla collana dell'offerta turistica di Catania, diventando icona del territorio. La città lo merita perché vibra sul substrato delle civiltà che l'hanno arricchita. Una percezione netta durante l'evento più popolare della rassegna, il concerto gratuito in Cattedrale, mercoledì sera, giusto nell'anniversario della morte di Bellini, il 23 settembre 1835, a 34 anni. «Per una infezione intestinale mal curata, mica per avvelenamento, come dice la vulgata», mi spiega Domenico De Meo, catanese doc e massimo esegeta del musicista. De Meo era in prima fila in cattedrale. E c'era tutta la città, assiepata per un'ora sotto la pioggia, in attesa di entrare. Stretta alla propria memoria collettiva, sullo sfondo dell'abside di Sant'Agata, la protomartire patrona. Montserrat Caballé ha cantato Bellini, Donizetti, Gounod e con l'impeccabile Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini. Generosa la soprano, nel saluto al pubblico: «La mia voce non è più la stessa per l'età, ma mi hanno fortemente voluta. E qui ho saputo emozionarmi». Ieri l'epilogo del Festival con replica di «Norma» al chiuso, scelta obbligata dal maltempo. Appuntamento al 2010 con Placido Domingo, Zubin Metha e Simon Rattle. La città ci conta. E pure il Belpaese.

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