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Alla Biennale va in scena un'orchestra di robot

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Qualesarà allora il futuro? Alla domanda sembra rispondere tra il serio ed il faceto la Sezione Musica della Biennale di Venezia, al suo cinquantatreesimo appuntamento. Uno dei filoni ideati da Luca Francesconi, il compositore direttore artistico della rassegna, è difatti incentrato sulla idea paradossale e un po' provocatoria che la macchina possa un domani non lontano sostituire l'uomo, anche in orchestra. Per inaugurare il Festival di Musica contemporanea sulla Laguna venerdì prossimo ecco uno stuolo di piccoli robot esibirsi: un ensemble automatizzato che suona strumenti percussivi governati da una strategia computazionale. Robotic Music del nipponico Saguru Goto è realizzato in collaborazione con la blasonata Ircam di Parigi, voluta da Pierre Boulez. I percussionisti robot possono superare i limiti fisici umani producendosi in ritmi complessi. Insomma tutta un'altra musica. Ma il passato non è avaro di esempi di «stravaganze» musicali come l'uso in orchestra della sirena o della macchina da scrivere. Sulla stessa linea il Ballet mécanique (1924) di Georg Antheil per 16 tastiere meccaniche sincronizzate, 2 pianisti e percussioni, eliche d'aeroplano, clacson, campane elettriche, rieseguito a Venezia per l'occasione. La partitura, nata in clima dadaista come colonna sonora dell'omonimo film del pittore Fernand Léger, sarà eseguita a Venezia sempre nel giorno inaugurale, insieme a due classici del «rumorista» Varése (Integrales e Iperprysm) per percussioni. E c'è anche un pezzo, del russo Kourliandsky per automobile e orchestra. Potrebbe sembrare un ennesimo prodotto della contemporaneità, ma in realtà il rapporto uomo macchina fu protagonista sin dagli Anni ruggenti del Futurismo italiano, grazie all'intonarumori di Luigi Russolo, padre spirituale di tanta ricerca nel campo della musica «concreta» (registrazioni di rumori reali) di Pierre Henry e Schaffer prima e elettronica poi di Stochkausen e soci. Uno strano strumento che risuonerà in tema sulla Laguna.

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