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«E io vi dico: i soldi pubblici arrivano, ma con criterio»

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Madico no ad aiuti indiscriminati, a pioggia». Risponde così Gabriella Carlucci, l'onorevole del Pdl che ha firmato la legge di riforma del settore, ai mal di pancia di attori, registi, direttori di teatri. Onorevole, obiettano che la legge non passerà o che i contributi non arriveranno. Facciamo chiarezza. Intanto, questa legge non è mia ma è scaturita dal confronto tra maggioranza e opposizione. Regola le competenze tra Stato e Regioni in materia, un limbo indefinito dal 2001, quando si varò la normativa sull'autonomia regionale. Tiene conto di quanto è cambiato nel mondo dello spettacolo, come tecnologie e schemi di lavoro. Ad esempio, riconosce per la prima volta lo status di lavoratore e di agente dello spettacolo e il contratto intermittente. Abbassa l'età pensionabile per i danzatori. Ma il punto dolente è il taglio dei fondi. Non si confonda la polemica sul Fus e questa legge. Il Fus aveva raggranellato a luglio 60 milioni, che si pensava andassero divisi equamente tra teatro, lirica e cinema. Non è così, la lirica resta privilegiata e non è giusto. Ma la riforma, che ha una copertura economica certa e che a ottobre dovrebbe essere realtà, i finanziamenti li garantisce eccome. Però sulla base di quanto è stato fatto e non su quanto si farà. Se si parla di coproduzioni internazionali, bisogna dimostrare di averle attuate. Idem per la formazione. Da dove arrivano i finanziamenti? Il 25% dalle estrazioni infrasettimanali del lotto, il 50% dai Monopoli per premi non riscossi, il 5% dell'ammontare del sistema audiovisivo pubblico, poi dai fondi dell'Ue per lo spettacolo dal vivo e per il 20% dall'Arcus. Oltre a 10 milioni che finanzieranno il tax credit e il tax shelter per il teatro. Le stesse agevolazioni fiscali concesse al cinema.

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