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Macro Future

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GabrieleSimongini «Nel Macro Future sarà possibile viaggiare senza spostarsi». Ecco la nuova vocazione della sede distaccata del Macro a Testaccio nelle intenzioni del Direttore, Luca Massimo Barbero. Sotto il segno di un motto: «far incontrare mondi diversi». Ed in effetti nella mostra presentata ieri dall'Assessore alla Cultura del Comune Umberto Croppi e dallo stesso Barbero pare quasi di essere catapultati d'un colpo nel bel mezzo della New York più frenetica e vitale. Nei due padiglioni del Macro in Piazza Orazio Giustiniani sbarca da oggi pomeriggio la rassegna «New York Minute: 60 artisti della scena artistica newyorchese», curata da Kathy Graison ed organizzata dalla neonata Fondazione Depart. Fin dall'entrata, con il colpo d'occhio di innumerevoli dischi multicolori rotanti sospesi nello spazio con una bella invenzione di Ara Peterson e Jim Drain, si è immersi in un'orgia visiva quasi psichedelica ed allucinogena, neopunk e kitsch, volutamente fuori misura. Comunque sia, ne emerge una vitalità stravolta, ben sintetizzata dall'espressione «New York Minute», che si riferisce alla velocità di reazione dei newyorchesi agli stimoli più diversi e pressanti. Graffiti, pubblicità, cultura pop, forti suggestioni iper-tecnologiche, bombardamento musicale si fondono con ossessiva rapidità, senza porsi limiti. Ne emergono tre diverse tendenze: «street punk», fondata sull'elettrizzante anarchia urbana; «wild figuration», con nuove creature metropolitane; «new abstraction» in cui gli echi dell'eroica action painting vengono contaminati con le nuove visioni dell'era digitale. E se molte opere sono schiettamente divertenti o assai irritanti, altrettante ti sparano negli occhi tanta inquietudine: dal visionario incubo di Mat Brinkman con la sua sala popolata di volti mostruosi illuminati da neon con gel verde fluorescente all'impressionante caos barocco e psichedelico del gigantesco dittico «Heaven and Hell» del gruppo Dearraindrop. Per non parlare delle «opere-bombe» del collettivo Assume vivid astro focus: adesivi fissati su forme tridimensionali di compensato che ritraggono «travestiti venerati – ci dice la curatrice della mostra - come divinità femminili del cambiamento».

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