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dall'inviato Stefano Mannucci LONDRA Non è un musical, neppure un'opera rock, e certamente non un film.

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Perrealizzare questa versione "live" di "Ben Hur", mezzo secolo dopo il kolossal da 11 Oscar con Charlton Heston, e quasi 130 anni dopo la pubblicazione del romanzo di Lew Wallace (ancora oggi il secondo libro più letto di tutti i tempi, dopo la Bibbia), il produttore Franz Abraham si è rimboccato le maniche sin dal 1994. Ha voluto attorno a sé collaboratori di primissimo piano: su tutti Stewart Copeland, l'ex batterista dei Police che ha composto le (non indimenticabili) musiche di scena, e che l'altro ieri alla prima mondiale dello spettacolo alla O2 Arena di Londra fungeva da voce narrante, passeggiando in abiti moderni nel bel mezzo del set: per le repliche italiane sarà sostituito - appropriatamente - da Luca Ward, doppiatore di Russell Crowe nel "Gladiatore". La sontuosa scenografia (c'è una Gerusalemme stilizzata, su impalcature mobili) è stata curata da Mark Fisher, quello del leggendario tour pinkfloydiano di "The Wall"; la sceneggiatura da Shaun McKenna, che aveva adattato il "Signore degli Anelli" per il teatro. I 1200 costumi sono stati disegnati da Ann Hould-Ward, vincitrice del Tony Award per la disneyana "Bella e la bestia". Metteteci 400 attori, un centinaio di animali tra purosangue, asini, falchi e colombe in volo, e piazzateli in un recinto con 620 tonnellate di sabbia, e statue, fontane, colonne lignee: questo è "Ben Hur" dal vivo. Il tour globale costa intorno ai 20 milioni di euro: a Milano lo vedranno (al Forum di Assago) il 6 e 7 novembre prossimi. Quanto a Roma, gli organizzatori attendono una conferma per un pacchetto di repliche (da 10 a 14), concentrate a luglio 2010. Dove? La prima location individuata è Piazza di Siena, ma la speranza esplicita è di ottenere il via libera per la destinazione "naturale" (anche se la pellicola di Wyler alludeva allo Stadio di Antiochia) del Circo Massimo: non da utilizzarsi nella sua sterminata dimensione, ma costruendo una struttura all'aperto dal lato che dà su via dei Cerchi. Se funzionasse, confidano i promoter, potrebbe diventare un appuntamento semi-permanente per le estati capitoline: con il suo appeal marcatamente hollywoodiano, "Ben Hur" non dovrebbe avere problemi ad attrarre un pubblico sopratutto internazionale. I turisti, insomma: quelli che vanno in brodo di giuggiole davanti a chiunque calzi una maschera da centurione davanti al Colosseo. Nello show, di legionari, governatori, mercanti, saltimbanchi, danzatrici, mangiafuoco e acrobate ce ne sono fino a saziarsi la vista. Addirittura, in una delle scene più suggestive, viene riprodotta la battaglia dello Stretto di Messina tra le galee romane e i pirati macedoni: questi ultimi, con un tocco alla "Guerre stellari", muovono all'assalto delle navi a bordo di inaspettati go-kart, nel mare riprodotto con fumi tempestosi. Il plot della storia è rispettato: l'amicizia infranta tra il principe ebreo Giuda Ben-Hur (l'attore tedesco Sebastian Thrun) e il tribuno Messala (Michael Knese), con contorno di vendette, duelli, sfide tra i due popoli, quadri orgiastici, "panem et circenses" e l'amore del protagonista per la schiava Ester (Lili Gesler). Sullo sfondo del incombe Gesù: dalla nascita, ai miracoli con i lebbrosi, il corteo della domenica delle Palme fino alla crocifissione su cui si chiude lo spettacolo. Però non è "Jesus Christ Superstar": e malgrado Copeland abbia confidato nei camerini che «questo è il lavoro più duro» della sua vita (credevamo fosse stato tornare sul palco con Sting, trent'anni dopo), si è rinunciato del tutto alle canzoni da "tema". Ardita, poi, la scelta di far recitare i non corposi dialoghi in latino ed aramaico, con tanto di accento teutonico. Mel Gibson ha fatto scuola: si punta alla sufficienza.

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