Il sistema di potere che ha distrutto Napoli

Un sistema di potere. Di più, una cappa di potere. Una cappa che soffoca Napoli. Una cappa impenetrabile fatta sempre dalle stesse persone. Pochi, qualche decina. Forse meno, sicuramente un manipolo di irriducibili. Ma sempre quelli. Sempre loro che in una grande gioco da quattro cantoni si spostano mantenendo le posizioni. Un potere che non consente infiltrazioni. Un potere che occupa gli spazi e non sembra curarsi dello sfascio attorno, del disfacimento, delle macerie che si accumulano. È un ritratto impietoso e veritiero quello che Mariano Maugeri in «Tutti gli uomini dle vicerè» (Bur, 10 euro) compie sulla città di Napoli e in particolare sull'opprimente lobby che fa capo all'ultimo vicerè, Antonio Bassolino. L'inviato del Sole 24 già da tempo ha messo nel mirino quell'increbile intreccio di persone e poltrone che ha attanagliato la capitale del Sud Italia. Noncurante della monnezza che dilagava ai bordi delle strade. Fregandosene della destrutturazione del sistema economico. Facendo finta di non vedere l'emigrazione non più con la valigia di cartone in mano ma con la laurea sotto braccio. Saccheggiando la sanità come vennero saccheggiati i fondi del dopo-terremoto '80. E passo dopo passo, tanto per usare un'espressione tanto cara proprio a Bassolino, anche il ceto medio si è fatto corrompere, si è venduto per un tozzo di pane. «La pessima rappresentazione che la politica ha dato di sé - scrive Maugeri - ha contagiato via via quelli che una volta si chiamavano i "corpi intermedi", le associazioni e gli ordini professionali napoletani che costituiscono l'ossatura della società». Quindi elenca: «Brogli per l'elezione del presidente dell'Ordine dei medici, contrapposizioni frontali per la presidenza di assindustria, l'accusa nel novembre 2008 di concussione aggravata formulata nei confrotni di Francesco Nerli, presidente dell'autorità portuale ed ex senatore del Pci. Prove testimoniano come prima i Ds e i partiti di maggioranza, poi il Pd sia gli azionisti di riferimento di tutte le società pubbliche che governano l'economia campana». Di qui la considerazione che «i criteri di cooptazione sono semplici e invalicabili al contempo: sempre gli stessi amici, amici fidati. Le geneaologie degli uomini e delle donne di potere di Bassolino e della Iervolino sono scarne e implacabili: un numero ristretto di persone passate da un incaricoall'altro ma sempre al servizio di uno dei due capi di riferimento». La ricostruzione nel libro è piuttosto precisa. Spiega anche la serie storica, rimette assieme i tasselli che portarono alla grande spartizione degli anni Ottanta fino alle evoluzioni degli anni Novanta. Non nega o sottace pure i meriti che ebbero le amministrazioni di centrosinistra nella loro prima fase. La mappa finale manca di alcuni tasselli fondamentali, anche scottanti. Per esempio non si cita mai che uno dei principali consulenti del Comune del primo periodo di Bassolino era anche, ma si tratterà di un caso ovviamente, del suo padrone di casa. E così, di consulenza in consulenza; di appalto in appalto si arriva al febbraio scorso quando il capo della Direzione distrettuale antimafia, Franco Roberti, disegna uno scenario inquietante: «La politca è morta. Quella singolare materia che le è sopravvissuta serve solo come sponda per gli affari». E Roberti non ne ha solo con al sinistra. non risparmia critiche al centrodestra e ricorda: «politica e camorra sono intimamente legate: destra, centro o sinistra non fa differena. Attraverso le relazioni ambigue con i clan si sono costruite le carriere di decine politici, comprese quelle di due imprenditori come Nicola Cosentino, deputato Pdl di Casl di Principe e sottosegretario all'Economia, e Luigi Cesaro, ex sindaco di Sant'Anastasia, deputato di Forza Italia e neo candidato del pdl alla presidenza della provincia di Napoli». Per la cronaca Cesaro è stato poi eletto all'ente di piazza Matteotti e non ha abbandonato lo scranno di deputato, conservando così anche la relativa immunità parlamentare.