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Due settimane nelle mani dei talebani

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.Pericoloso, certo. Insidioso. Ma non più e non meno di tanti altri. Invece il 5 marzo 2007 la vita di Daniele Mastrogiacomo era destinata a cambiare. Per sempre. Quel giorno il giornalista cinquantenne, veterano sui fronti caldi di molti conflitti sanguinosi e a rischio, si sarebbe trasformato da osservatore in protagonista. Anzi, in vittima. Un'esperienza, sicuramente preziosa sul piano professionale ma che chiunque preferirebbe evitare. Daniele la racconta nel suo romanzo-documento «I giorni della paura» (edizioni e/o, pagg. 190, 16 euro). Un diario tragico, profondo e vivido di quei 14 giorni di prigionia, di minacce di morte, di percosse. E di sangue. Il suo austista e poi il suo interprete, infatti, cadranno sotto le lame dei talebani. Lui si salverà grazie all'intervento di Palazzo Chigi, alla mediazione di Emergency, all'impegno spasmodico dell'intero quotidiano dove lavora e dei suoi familiari, in testa la moglie Luisella. Il viaggio nel Paese dei mujaheddin diventa un'odissea, l'intervista al mullah Dadullah si rivela una trappola, la vita dell'inviato speciale sarà merce di scambio fra i talebani e il governo filo-occidentale di Karzai. Nel giorni della paura, Daniele verrà trascinato in jeep da un punto all'altro della provincia di Helmand, la più ricca di tutto l'Afghanistan, dove sorgono la mitica Kandahar («ammantata dal mito del mullah Omar) e Lashkargah (che detiene «il primato dei martiri morti in battaglia»). Ogni mattina il sequestrato non sa se arriverà alla sera. Viene frustato, spinto alla conversione all'Islam, ricattato per ottenere dichiarazioni utili alla «causa» da un branco di giovanissimi combattenti in turbante convinti «di essere nel giusto», pronti «a immolarsi nel martirio per raggiungere la vera vita, il grande salto verso il Paradiso, l'unico scopo di un'esistenza mutilata, limitata e del tutto chiusa al mondo». Il racconto di Daniele, preciso e puntuale come solo un grande cronista sa fare, non è solo la cronaca del suo rapimento. È un percorso a ritroso nel tempo. Ci riporta indietro di mille anni, a quei secoli bui che, nel nostro immaginario, colleghiamo al Medioevo e che nell'Afghanistan governato dai fanatici del corano prosegue anche oggi, nel XXI secolo. Daniele, alla fine, sarà liberato. I suoi amici morranno. Questo libro è dedicato a loro: «Avrebbero voluto che raccontassi al mondo questa nostra incredibile storia - scrive il giornalista nell'ultima pagina - Glielo dovevo».

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