LA DOPPIA ORA VENEZIA Ancora un'opera prima italiana, "La doppia ora".
Lacifra è la rivisitazione di un genere che si tiene in equilibrio fra il poliziesco in senso lato e lo psicologico con tendenze al dramma. Privilegiando, oltre che le tensioni, il mistero, all'insegna dell'ambiguità. Si comincia in modo piano. Sonia, in arrivo da Lubiana, è cameriera in un albergo. Conosce Guido, un ex poliziotto adesso guardiano notturno in una villa. Fra i due nasce l'amore. Da qui, però, il resto, che vede tutto ingarbugliarsi. Una notte in cui Sonia è andata a trovare Guido nella villa, piombano dei ladri che, oltre a svaligiare tutto con metodo, alla fine sparano. Sonia è ferita alla testa e ricoverata all'ospedale, Guido sembra che sia morto. In tutta la faccenda, però, un poliziotto amico ed ex collega di Guido, non ci vede chiaro e non tarda a sospettare di Sonia ritenendola una possibile connivente dei ladri. Procedendo, la situazione, anzi tutte le situazioni, anche quelle più di contorno, si ingarbugliano ulteriormente, con Guido che non è morto (o è un incubo di Sonia?), con Sonia che, dimessa dall'ospedale, passa da un incubo all'altro, anche se, alle sue spalle - e lei in mezzo - sembra che si disegni un piano preciso... Le spiegazioni, come d'uso, alla fine. I tasselli del mosaico, via via ricomposto non sono tutti chiari e qualche lacuna tra le pieghe del racconto rischia di proporsi, ma i climi angosciosi la regia li dosa con mano ferma facendo sempre leva su quella realtà non reale in cui nessuno, quasi mai, è quello che sembra: approdando a un poliziesco che non potrà non convincere: incuriosendo e interessando. Nelle vesti di Sonia c'è Ksenia Rappoport, Guido è Filippo Timi. Meritando attenzione. (Concorso, Italia)