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Note per l'11 settembre

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La Compagnia per la Musica in Roma, presieduta da Ludovica Rossi Purini, questa volta ha organizzato un fuoco d'artificio musicale per l'11 settembre nella capitale. La tragica distruzione delle Torri Gemelle a New York nel 2001, che non si vuole dimenticare proprio perché non abbia a ripetersi, nelle varie ore della giornata rivivrà in appuntamenti di musica classica, pop, gospel, fino al concerto in collaborazione con l'Accademia di S. Cecilia, alle 21 al Parco della Musica, diretto dal grande Lorin Maazel alla guida della giovane Orchestra Symphonica d'Italia.  L'evento è gemellato con la September Concert Foundation di New York e si ripeterà sempre, almeno nelle intenzioni della Presidentessa e del M° Maazel, che ha affermato: «Ho ammirato da subito la forza della popolazione statunitense, che ha trasformato il dolore in capacità di ripresa e ricostruzione. L'ho avvertito dal concerto che diedi a New York l'anno dopo, nel silenzio glaciale della gente che paventava un nuovo attacco. Ma fu un successo. Sono convinto che la musica è un aiuto portentoso nelle tragedie umane: forse i frutti non si raccolgono subito, ma maturano con certezza». Al rock nel carcere di Rebibbia e al duo pianistico Terenzi-Elma del Policlinico Gemelli, alle 17, si uniscono il Quintetto Bottesini e il trio di Gianni Pirollo al Palaesposizioni, indi il pianista Costigliola al Cavalieri Hotel (ore 18), l'Ensemble di Fiati della Roma Tre Orchestra in piazza di Spagna, le band di Notetempo dinanzi a S. Lorenzo al Verano fino a mezzanotte, il Gospel curato da Giuseppina Caltagirone al Parco della Musica e – qui stesso – l'appuntamento finale con Lorin Maazel. In nome della fratellanza delle culture, egli dirigerà la «Suite Andalouse» del libanese Marcel Khalife che unisce spunti da est e ovest, indi la Nona Sinfonia di Beethoven, col soprano M. Luigia Borsi, il mezzosoprano Veronica Simeoni, il tenore Thomas Studebecker e il basso Rafal Siwek. «Ho pensato ad altri capolavori musicali – ha aggiunto Maazel – ma poi ho preferito la Nona di Beethoven, anche se fin troppo sfruttata per il suo altissimo simbolismo umanitario: è bene infatti tornare alle basi, a ciò che è ovvio e accettato, perché la parola "pace" è stata maltrattata da millenni, ma per Beethoven è un anelito fervente rivolto a tutti gli uomini».

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