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Il bersaglio è il Cavaliere

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Unfilo che sta smuovendo tutto il peggio del circo mediatico-politico. In ballo è la democrazia, ma non quella difesa in modo ideologico dalla sinistra partitica e artistica. E come si fa a capire la differenza? Semplice: il metro di paragone è Silvio Berlusconi. Tornatore non ha mandato giù gli elogi al suo «Baarìa» dell'“appestato premier”, che ha avuto il (de)merito di produrlo. Silvio va bene come produttore, “anche se intempestivo, perché un produttore vero avrebbe dovuto aspettare prima di esprimersi”, ma non va bene come cittadino e politico, che dice la sua. Primo perché il Cavaliere per la sinistra è il simbolo del male; secondo, perché il film parla di proletari, vaccari e contadini con tessera Pci, che non possono essere sdoganati dal Pdl. Un tormentone che ieri ha avuto scontata replica nel docufilm “Videocrazy”, i cui trailer sono stati censurati da Rai e Mediaset, prontamente mandato in onda alla festa del Pd da Franceschini: “C'è ormai la censura e gli spazi di libertà dell'informazione si stanno restringendo”, ha detto Dario collegandosi ai casi-Unità-Repubblica-Boffo. Tanto per rifare cassa elettorale. Videocrazy, secondo il suo regista Eric Gandini, descrive l'Italia berlusconizzata come l'inferno del consumismo, delle vallette-ministre, dei Lele Mora e dei Fabrizio Corona. E le motivazioni di Rai e Mediaset ("il trailer non è conforme al principio del contradditorio e non rispecchia le convinzioni morali dei cittadini”), hanno suonato per le vestali dei diritti di tutti (salvo del diritto di essere Berlusconi) come velina da Minculpop. Conclusione: il presidente-imprenditore-produttore-operaio dovrebbe aver imparato, a sue spese, che non paga produrre film di sinistra (Medusa docet), o pubblicare libri di sinistra (Mondadori docet). E che la cultura non ha né rappresentanti ufficiali, né privilegiati storici. I soliti, che non sono nemmeno riconoscenti.

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