BORGHESE Parliamo del contesto culturale in cui attualmente si trovano a vivere i cristiani.
Oggisi è credenti solo per convinzione. Fino a quando si poteva invece affermare di essere credenti per tradizione? CAFFARRA Non si è mai potuto essere cristiani senza decidere di diventarlo. In questo senso, non si può essere credenti per tradizione. Il «come» può essere diverso da persona a persona, anche a seconda delle situazioni vissute. Si decideva, comunque, in libertà. Ma si entrava nel mondo della fede con una decisione presa piuttosto sulla base di una tradizione ereditata, sulla fiducia delle persone che l'avevano tramandata, sull'educazione ricevuta dai genitori. Oggi è cambiato il modo in cui si arriva alla decisione di fede. Oserei dire che è diventato più difficile. BORGHESE Per quale motivo oggi è più difficile una scelta di fede? In fondo, il messaggio è sempre lo stesso, o no? CAFFARRA Si va erodendo sempre di più quella che potremmo chiamare la nostra «Tradizione cristiana», le radici cristiane del nostro vivere. Molto spesso nelle famiglie non si trasmette più un'educazione alla fede cristiana. A ciò va aggiunto il fenomeno di incontro con altre grandi religioni che fino a pochi anni fa non era così presente, e che sempre più ci sarà. BORGHESE Quindi, diventare cristiani è più complicato ed esige una tensione verso la propria libertà e un esercizio maggiore della propria ragione. Il cristiano di oggi deve avere molto coraggio. Anche se, in realtà, il cristiano si è trovato spesso in difficoltà, basti pensare a come è stato trattato il protagonista del Vangelo. CAFFARRA C'è chi dice che il destino del cristianesimo in Europa sarà di divenire una minoranza. Per quanto riguarda l'Italia, non ne sono così convinto, vuoi per il tessuto di parrocchie sul territorio, vuoi per il numero di sacerdoti impegnati. BORGHESE Vuole forse dire che malgrado tutto, la società italiana sente ancora i valori cristiani? Com- 56parando il nostro Paese alla situazione europea, possiamo definirlo forte nella fede? CAFFARRA In Europa c'è solo una nazione dove il secolarismo non ha affatto vinto e non è detto che vinca: l'Italia. In tutto l'Occidente vi sono due Paesi dove la sfida dell'allontanamento di Dio dalla vita pubblica e privata è ancora aperta: l'Italia e gli Stati Uniti. BORGHESE Ha ragione. Da italiana che ha vissuto per alcuni anni negli Stati Uniti, ho capito un fattore fondamentale nella psicologia americana che mi ha portato a valutare diversamente questo popolo. Altro che Paese del consumismo e del materialismo. So bene che può sembrarci strano, visto che la Carta costituzionale dell'Europa è arrivata a lasciare fuori ogni riferimento alle radici cristiane. Ma, in America, la religione ha una grande importanza sia nella vita sia nella politica. In un certo senso, per gli americani, Dio ha voluto gli Stati Uniti e li protegge, tant'è che nella loro Costituzione si parla esplicitamente di Lui. Barack Obama è il primo presidente afroamericano, un fatto epocale. Su di lui poggia, oltre alla speranza di una prossima ripresa economica, anche il desiderio di un riscatto morale del Paese a livello internazionale. Crede che il popolo cristiano, così vivace e forte nel «nuovo mondo», si troverà rappresentato da questo presidente nelle sue istanze sui «beni non negoziabili»? CAFFARRA (...) Fin dalle primissime decisioni del nuovo presidente credo risulti chiaro che egli non intende rappresentare le istanze del popolo cristiano sui «beni non negoziabili». Ha subito abolito la legge, promulgata per la prima volta da Ronald Reagan, che vietava di finanziare le organizzazioni internazionali a sostegno della pianificazione famigliare e di fatto anche l'aborto. (...). Vorrei aggiungere che mi ha molto colpito lo straordinario impatto che ha avuto il viaggio pastorale e il discorso del Santo Padre alle Nazioni Unite lo scorso aprile 2008. Mi limito a richiamare un punto che reputo centrale. Il concetto di laicità includente e non escludente, quale viene praticato negli Stati Uniti, ha molte cose da insegnare a noi europei. (...). BORGHESE Papa Benedetto XVI ha parlato spesso di autentica laicità. Che non vuol dire prescindere dalla dimensione spirituale, ma riconoscere che proprio questa, radicalmente, è garante della nostra libertà e dell'autonomia delle realtà terrene. Qualche anno fa da Verona, ha anche detto che la ri-evangelizzazione dell'Europa deve partire dall'Italia. Alcuni immaginavano di poter ridurre la Chiesa di Roma a una fornitrice di servizi religiosi per scopi mondani (battesimi, matrimoni e funerali) invece, per il papa, è ancora una realtà viva (...). Voi vescovi sentite questa grande responsabilità? CAFFARRA Sappiamo di avere una grave responsabilità. Molte Chiese straniere stanno guardando alla nostra realtà e si interrogano su come da noi sia stato possibile. Certamente il nostro Paese, vuoi anche per la presenza del papa, è stato privilegiato dalla Divina Provvidenza. Ma lo scontro – perché di questo si tratta – fra la proposta di vita cristiana e una proposta di paganesimo postcristiano non ha ancora visto vinti e vincitori.