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Cercare il senso della vita nella frenetica New York

New York

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«It happened in a New York minute» si dice in slang newyorkese. I sessanta secondi a «stelle e strisce» scorrono più in fretta, sono concentratissimi, sembrano più brevi... Carico di trepidazione, di energia, il minuto è «ingordo» e accattivante, come quasi tutto ciò che accade nella Grande Mela. E con questa intensità scorrono le ore, con questa convulsione si snoda la vita in una metropoli dove tutto sembra a portata di mano, ma dove tutto sfugge maledettamente, a cominciare dal senso stesso della vita. Proprio così si dipanano tre storie, quelle dei tre personaggi protagonisti del romanzo «Tre stop a New York» (BarberaEditore, pag. 256) che l'autrice Elena Attala Perazzini ha presentato ieri a Rimini, sua città natale, insieme a Francesca Fellini.  I tre cercano a New York una ragione di vita che può essere la musica per la cantante rock e dogsitter Susana o la green card per il writer Micky che in Italia non vuole tornare, o la propria coscienza, per Benjamin, broker finanziario, gay ed ex mormone. Le storie di queste tre vite si sfiorano, si incontrano e si rincorrono in un'osteria italiana, nell'East Village, gestita da un'amica comune. Sullo sfondo, la rielezione di Bush, la tolleranza zero di Giuliani, la Fashion Week, la Internet-bubble, il crollo di Wall Street. Le tre storie convergeranno in un giorno preciso, che segnerà l'esistenza dei tre inquieti e squinternati personaggi e la vita stessa della città: l'11 settembre 2001. «Tre stop a New York», quasi la sceneggiatura di un film, è molto autobiografico: l'autrice, infatti, da Rimini passando per Madrid, approdò a New York nel 1997. È stata danzatrice e coreografa di danza contemporanea, assistente della scrittrice Oriana Fallaci presso Rizzoli, promotrice di fotografia d'arte a Soho, free-lance per Rai international, manager del Public Relations Office dell'americanissima Rainbow Room del Rockfeller Center, poi, nel 2001, ha aperto un ristorante nell'East Village di Manhattan, che ha gestito fino al 2006. Infine si è dedicata alla scrittura. «Cambiare lavoro, luogo e stile di vita - spiega la Perazzini nel suo blog - rivela il desiderio di sperimentare i panni di altre esistenze o forse quello di vivere più di una volta». Scrivere invece, è «rispondere al bisogno di estroversia della solitudine metropolitana, che a New York si respira abbondantemente, è il desiderio incontenibile, che germoglia con il senso di solitudine, di condividere con un "altroqualsiasi" la nostra vita. Per pochi minuti, per qualche ora, a volte per sempre». E vivere nella Grande Mela, sotto quel cielo blu che si intravede tra un grattacielo e l'altro o si spalanca sul panorama mozzafiato della città del desiderio, gestire per cinque anni un ristorante nel cuore di Manhattan, aiuta a capire i suoi abitanti, il loro modo di essere, i loro bisogni, i loro comportamenti davanti al bancone di un bar, nella sala d'attesa di un ospedale o in metropolitana. E non solo i loro stili di vita, le loro culture o credenze, ma anche le loro menti e soprattutto i loro sogni di cui l'autrice si appropria facendoli suoi, legandoli agli intrecci della sua vita. Perché la vita e il sogno di Elena Attala Perazzini non si ferma a New York...

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