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La nuova rivoluzione ecologica a colpi di «Guerrilla Gardening»

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Buioe resistenza estrema, gli alleati. Si chiamano guerrilla gardener questi impavidi eroi votati al giardinaggio d'assalto, presenti da Budapest a Vienna, da Brighton a Milano, dove sono nati nel 2005. In sostanza esortano chiunque a sgranchirsi il pollice verde, tornando alla zappa per trasformare il cemento in fiori: come? Liberando il giardiniere che è in voi. Ad esempio attraverso un virus verde e battagliero che grida al contagio non appena aprite «Guerrilla Gardening» (pag. 160), il libro edito da Kowaski, scritto da Michele Trasi e Andrea Zabiello. Piuttosto un manuale di giardinaggio e resistenza contro il degrado urbano. Rigorosamente consigliato a chi ama il verde e ha voglia di rimboccarsi le maniche, contiene una ricetta per intensificare gli «attacchi verdi» di facile esecuzione: basta individuare i luoghi, pianificare l'assalto e recarsi armati di piantine, terra, terriccio, palette e acqua. Questo è l'obiettivo dei Guerrilla Gardening, un movimento figlio di quelli ambientalisti degli anni Settanta, tanto da esserne coetaneo almeno in America. Spuntato in ogni dove e sostenuto senza etichettature politiche, malgrado abbiano ripreso come modello una frase di Che Guevara: «La rivoluzione non è una mela che cade da sola quando è matura. Devi farla cadere». O magari piantarne l'albero, è quanto difendono desiderando appropriarsi di spazi pubblici abbandonati, avviliti dal cemento e dall'incuria, creando piccoli giardini. Rob.Mar.

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