Vi è in Germania un'autostrada famosa, diventata quasi mitica per una ragione drammatica, ossia la frequenza con cui avvenivano, e tuttora avvengono, inesplicabili incidenti.
Maesse solitamente trovano spiegazione in fatti climatici, neve, pioggia, gelo, o in tornanti troppo audaci, in curve o dislivelli che impediscono agli automobilisti ampiezza di visione. Ma l'autostrada in questione è diritta come un filo a piombo, riasfaltata nei modi più moderni e razionali, per diminuire al massimo i rischi dei viaggiatori. Ai suoi lati corrono reti di fildiferro difeso da una pellicola di plastica per impedire la formazione della ruggine. Esse non permettono che qualche imprudente animale dei boschi, un capriolo, un daino o un cinghiale, irrompa all'improvviso sul tracciato, provocando un disastro. Dunque neppure da quel lato v'era nulla da temere. Allora perché tanti tamponamenti, frenate improvvise, rovesciamenti, carambole, incendi di serbatoi, e altri incidenti spesso persino difficili da immaginare? Forse i fili dell'alta tensione, che l'attraversano più volte in cima a tralicci altissimi, creavano pericolosi campi magnetici, che innervosivano gli autisti? O era la scura bellezza dello Swarzwald a distrarli? Oppure essi erano calamitati dal fiume maestoso, sempre ricchissimo di acque, che correva non lontano? Infatti a volte esso diventava visibile all'orizzonte, e si riusciva a scorgere anche delle chiatte lunghe come transatlantici, ma quasi piatte, che trasportavano verso i porti fluviali i materiali più vari, e a volte suonavano le loro sirene, che parevano barriti di qualche animale antidiluviano, scomparso dalla terra. Erano queste le cose che provocavano tanti incidenti? No, impossibile. La gente non ci credeva. Perciò era quasi costretta a pensare ad altre cause, di natura superstiziosa, favolosa o magica. Le disgrazie si verificavano soprattutto in un punto preciso, non lontano dallo scoglio della Lorelei, che portava sfortuna perché dalla rupe si era gettata nelle acque sonnolente del fiume la ragazza di una leggenda, cantata da Heirich Heine in una famosa ballata romantica. Anche i piloti delle enormi chiatte temevano quel punto pericoloso del fiume. Altri citavano i bambini che il Pifferaio di Hamelin si era trascinato dietro per vendicarsi degli abitanti che s'erano rifiutati di dargli il compenso pattuito, in monete d'oro, per aver liberato la città da una terribile invasione di topi, facendoli annegare nel fiume. Questo narrava un altro scrittore tedesco, Clemens Brentano, nei Racconti del Reno. Ma altri dicevano che il fiume non era il Reno, bensì il Weser, come risultava dalla narrazione dell'inglese Robert Browning. Alcuni tendevano piuttosto a credere che la maledizione dell'autostrada avesse le sue radici nel fatto l'aveva fatta costruire Adolf Hitler. Molti nella Renania, anzi in tutti i Länder tedeschi, pensavano talvolta al mistero dell'Autobahn, e anche non pochi stranieri che viaggiavano in Germania lungo le autostrade. Ma v'era un giovane professore di letteratura francese dell'università di Heidelberg che ci pensava in modi molto più intensi. Questo gli accadeva da quando nel tratto maledetto si era verificato un incidente di cui si era parlato in tutto il mondo. Infatti quella volta la vittima non era stato un cittadino qualsiasi, bensì un grande scrittore, cui solo pochi anni prima era stato assegnato il premio Nobel. Il professore era un grande ammiratore di costui, e da allora l'Autobahn aveva assunto nella sua mente un rilievo eccezionale. Un giorno, benché non amasse molto le automobili, decise di recarsi a Bonn, dove si teneva un convegno sullo scrittore francese e la filosofia degli esistenzialisti tedeschi, percorrendo l'autostrada. "Ma ci andiamo in treno, vero?" disse Liselotte, la sua bella signora. "No. Voglio andarci in macchina. Non ho mai percorso qualche tratto dell'Autobahn". "È una strada che porta sfortuna...". "Ma vai, Lotte. Sei superstiziosa per caso?" "Spero di no; ma il mondo è così complicato...Se non vuoi cambiare idea, vengo con te". "Ne sono felice. In fondo siamo in ferie. Per te sarà una bella vacanza". "E per te?" "Beh, un po' meno. Io sono uno dei relatori". Decisero di partire proprio il giorno 15 agosto. La strada sarebbe stata quasi deserta. I vacanzieri diretti in Olanda, o al Mare del Nord, erano certo partiti da tempo. Dunque la probabilità di incidenti era molto esigua. Questo andava dicendo il professore a Frau Liselotte. Ma ne era veramente convinto fino in fondo? Fino alle radici dell'inconscio? Quando partirono i due erano un po' emozionati. I loro pensieri e sentimenti tendevano a diventare una matassa un po' disordinata, sulla quale non riuscivano ad avere una padronanza completa. "Non correre, ti prego, Otto" diceva la signora. "Vado a centodieci. È una velocità più che modesta per l'Autobahn". Le città ai bordi dell'autostrada furono superate una dopo l'altra. Mannheim, Mainz, Wiesbaden...Il punto critico si avvicinava. Le auto erano poco numerose, e tutte superavano in un batter d'occhio la Volkswagen del professore, con una sorta di fastidio, perché andava troppo piano. "Ecco, ci siamo. La rupe di Lorelei dev'essere pressapoco all'altezza di Frankfurt" pensava Otto. Si guardava intorno con una sorta di voracità visiva, come se l'attenzione degli occhi potesse rivelargli il mistero. Anche lui, come la gente semplice e senza cultura, cominciò a passare in rassegna tutte le leggende e i miti del luogo, e presto cominciò ad avere la testa confusa. Provava un senso di vertigine, sentiva come uno stridio di cicale, ma sapeva che in Germania non ci sono quegli insetti dei Paesi del sole, e il suono nasceva nei labirinti delle sue orecchie. Che gli succedeva? Una forma di suggestione, di somatizzazione? Poteva darsi benissimo, anche se non era vecchio, e certe fisime e inconvenienti fisici giravano ancora lontano da lui. Forse era una cosa passeggera, ma si stava aggravando. I ronzii e la confusione mentale andavano aumentando, forse stava per svenire... Rallentò ancora, pensando che poteva perdere il controllo della vettura e mettere in pericolo due vite. Fece uno sforzo supremo per padroneggiarsi, e infatti dopo pochi minuti i disturbi cominciarono a diminuire e quindi passarono del tutto. Proprio allora si ricordò che di quelle sensazioni ne aveva già avute più volte, e una in maniera molto accentuata un paio di anni prima, attraversando la Bassa Friulana, per recarsi a vedere i resti di Aquileia. Aveva appreso allora che tutto il Friuli di pianura era una serie di falde. Bastava scavare due o tre metri per trovare l'acqua, che spesso zampillava da sé. In lui ci fu un'intuizione improvvisa, una folgorazione. Lui era un sensitivo, un rabdomante, e avvertiva, per tramiti misteriosi, la presenza di acque sotterranee! Era molto probabile che nelle vicinanze ci fosse una falda immensa, e che molti automobilisti, che ne avevano avuto enigmatici incidenti, fossero dei rabdomanti senza saperlo, come lui. Tornato nella sua città, dopo il convegno letterario, cercò di informarsi su molte cose, telefonando ai colleghi dell'università. Un geologo gli disse che la falda ipotizzata c'era davvero, ed era anche vero che molti rabdomanti, nelle vicinanze di acque sotterranee, sentivano in modo più o meno accentuato strani disturbi, forse simili a quelli che lui stesso aveva provato. Glielo confermò anche il collega italianista, che anni prima aveva tradotto in tedesco Il rabdomante di Riccardo Bacchelli. Forse lo stesso famoso scrittore vittima dell'autostrada era un rabdomante, come lo era stato con la sua narrativa e il suo teatro. Ma come, perché avveniva questo? Per quali enigmatici influssi? Cosa emanava dal sottosuolo? Quali onde arcane? Quali flussi di particelle arrivavano, e venivano percepiti da individui particolari come lui, quasi fosse una radio ricevente? Un altro mistero che si si collocava tra gli infiniti stratificati nell'universo...