Videocracy, 30 anni di tv tra scandali e sexy vallette
Tra le curiosità della 66esima Mostra di Venezia (2-12 settembre) c'è un documentario che è stato relegato come opera congiunta nelle sezioni de La Settimana della Critica e de Le Giornate degli Autori. «Videocracy» del regista italo-svedese Erik Gandini sarà proiettato il 3 settembre al Lido per raccontare l'Italia televisiva, quella che spesso ha incollato il pubblico davanti allo schermo, scoprendo così un Paese che si diverte a vedere trasmissioni piene di tronisti palestrati, Letterine, showgirl in costumi sgambati e tanti piccoli scandali al sole. Un mix che comprende Fabrizio Corona, Simona Ventura, dalla corsa a diventare Velina al backstage del Grande Fratello, con visita nella bella villa di Lele Mora fino alle prime immagini televisive con i seni nudi nel programma «Colpo Grosso», condotto in modo ironico e scanzonato da Umberto Smaila negli anni '80. Nella videocrazia la chiave del potere è l'immagine, tanto che nel filmato Lele Mora dichiara che «La tv è una scatola magica, capace di regalare soldi, successo e popolarità». Il documentario inizia con lo spogliarello di una casalinga in una delle primissime trasmissioni delle tv private, perché - secondo Gandini - da lì è partita la rivoluzione culturale in tv. E mentre la gente comune è disposta a subire qualche rischio pur di apparire in un reality, sull'«Isola dei famosi» vengono spediti i vip a vivere in modo selvaggio. Lele Mora è ripreso nella sua villa in Sardegna tra vestiti immacolati, pareti bianchissime, ragazzi atletici in piscina e, mentre impazza la suoneria del suo videotelefonino, l'agente elogia la forza dell'immagine che riesce a trasformare l'uomo comune in un personaggio famoso. Altra figura chiave del docu-film è Fabrizio Corona che, confessando la sua ammirazione per Silvio Berlusconi, svela invece di essere un Robin Hood moderno: «Tolgo ai ricchi per dare a me stesso» e «quando vedo un personaggio famoso, io penso subito ai soldi e al business». «Quando a vent'anni, negli ultimi anni Ottanta, mi sono trasferito da Bergamo alla Svezia, ho trovato un clima televisivo nettamente diverso - ha detto Gandini -. Ricordo ancora il mio stupore nello scoprire che l'emittente svedese per il servizio pubblico nazionale non trasmetteva pubblicità, c'erano pochissime ballerine poco vestite e i film stranieri non erano doppiati. Da allora, sono sempre rimasto colpito dal potere crescente e dal ruolo unico che la televisione detiene in Italia. Non solo per le implicazioni politiche, ma anche per l'impatto che questa ha sulla gente. Soprattutto i giovani, che pur di accedere in quel mondo che dall'alto li domina e li affascina, vedono come unico strumento, per imporre la propria immagine e il proprio corpo, l'uso indiscriminato di una telecamera o di un telefonino». Ma nell'era di YouTube tutto il mondo, e non solo l'Italia, cede ormai all'invito dell'immagine, per sentirsi immortalato, almeno per una volta in un video, soprattutto quando la televisione diventa un accesso vietato ai poco esperti e ai non addetti ai lavori.