Il marchese Giuseppe Ferrajoli di Filacciano, per la sua amabilità, è ben voluto da tutti i nobili romani (ed oltre).
Lostemma, con una torre che significa sicurezza, ha il motto: "Virtute et Labore" ("Virtù e Lavoro")». Ora, leggete qui di seguito quanto abbia onorato il suo motto il marchese antenato Giuseppe Ferrajoli. Profondamente religioso e vicino alla Santa Sede, quando, nel primo trentennio dell'Ottocento, il Vaticano subiva l'invadenza e la sopraffazione del commercio straniero e tutte le istituzioni di credito erano dominio della finanza inglese e francese, il marchese favorì, con un cospicuo aiuto, la costituzione della Banca Romana a Parigi, ancora nota oggi. Questa nuova banca ebbe la concessione dell'illuminazione di Roma con il gas. E ancora: Giuseppe Ferrajoli "Major"(lo dobbiamo definire così per distinguerlo in questo articolo dal suo giovane discendente che è qui davanti a me) prima, nominalmente insieme con il principe Torlonia, poi in proprio, portò a termine la nuova illuminazione. Diresse anche, con la sua competenza finanziaria, il monopolio di Stato dei "Sali e dei Tabacchi", rilevato dal Vaticano in un periodo finanziariamente difficile per la Chiesa. E lo fece fino al 1870 assicurando così altri proventi finanziari alla Santa Sede. «A questo proposito - mi illumina il giovane Ferrajoli - il conte Eduardo Sodelini, lo storico di papa Leone XIII, come commemorando il principe Alessandro Torlonia in un fascicolo scritto nel 1886, dice: «Vuolsi rammentare il marchese Giuseppe Ferrajoli che fu l'alter ego del principe Torlonia nell'amministrazione dei Sali e dei Tabacchi al punto che, senza tema di iperbole, può asserirsi che don Alessandro Torlonia, privo di Ferrajoli, avrebbe guadagnato solo la metà dei profitti da questa Società. Giuseppe Ferrajoili Major fu consigliere del comune di Roma, nel primo municipio amministrativo istituito nel 1847 da Pio IX e anche consigliere fondatore della Cassa di Risparmio di Roma; degli Asili d'infanzia, della conferenza di San Vincenzo, (da cui le ancora attuali Dame di S. Vincenzo) e di altre numerose istituzioni di beneficenza, tutte munifiche ma in maniera mai ostentata. I figli di Ferrajoli, i marchesi Alessandro, Gaetano e Filippo, hanno continuato ad onorare le opere e le virtù del loro grande genitore. «Gaetano - mi precisa il mio intervistato - è stato il fondatore della grande biblioteca in Palazzo Ferrajoli, centro di erudizione storica e letteraria, frequentata abitualmente dal Carducci e dal Pasteur. In seguito la biblioteca fu donata dalla Famiglia al Vaticano». In questi tempi di crisi, nei quali tutti i nobili che ho intervistato lavorano, anche il giovane Giuseppe lo fa. Come si può mandare avanti altrimenti la manutenzione del suo splendido palazzo a Piazza Colonna, con vista sulla colonna Antonina, Palazzo Wedekind, Palazzo Chigi e il Corso? Sulla moderna scia inaugurata da Lord Bedford in Inghilterra, che per primo aprì al pubblico il suo favoloso Castello, con nel parco uno zoo privato (incoraggiando così tanti blasonati epigoni europei), il mio ospite ha trasformato un'ala del Palazzo Ferrajoli, ex Del Bufalo, (antichissimo nobile casato) rimodernato nel 1561 da Giacomo Della Porta e concluso nel 1602 da Francesco Peparelli, in una esclusiva location per eventi culturali, politici e mondani. Per il gotha cultural-mondano di Roma, realizzare eventi in Casa Ferrajoli, è da tempo un must. «Qui, a casa mia - mi racconta ancora Giuseppe - nel 2009 il sindaco Alemanno, gli assessori capitolini e altri ospiti eccellenti, rigorosamente bipartisan, hanno ricordato e festeggiato, nel giorno di martedì grasso, il famoso storico carnevale di Roma. Del resto, va bene "Virtute et Labore" ma ogni tanto anche "brioches e circense"!». Dalle finestre del Palazzo, fin dal Seicento, si poteva assistere alle spettacolari corse dei berberi, cavalli "scossi" (come direbbero i senesi patiti del Palio), che da Piazza del Popolo galoppavano sul Corso, fino a Piazza Venezia. E poi c'era il rituale dei moccoletti, durante il quale il popolo (ma anche i nobili) irrispettosamente si divertiva a spegnere in corsa le candele che ornavano le carrozze degli aristocratici. "Un evento dei giorni nostri - mi dice Giuseppe - il fastoso matrimonio dell'onorevole Gianfranco Rotondi (ora nel PDL) con la crema della politica. E poi abbiamo avuto il presidente Berlusconi che ha cantato accompagnato al pano da Peppino di Capri...Questa foto che ti do e che lo ritrae non l'ho mai data a nessuno... Recentemente abbiamo dato concerti di musica da camera; Andreotti ha presentato nel mio salone il suo libro "Evita Peron" ed altre quattro sue opere». E Napoleone che ha fatto nel suo Palazzo? domando io, perché ormai, intervistando i nobili di Roma, scopro sempre che nelle dimore storiche il grande Corso stava sempre in mezzo come il prezzemolo (o vogliamo dire l'alloro?)". Ecco la conferma: «Napoleone Bonaparte ha abitato a lungo nel mio palazzo», mi racconta Giuseppe. «Quando, nel 1805, era la sede dell'Ambasciata di Francia e lo zio di Napoleone era il cardinale Giuseppe Fesch, Ambasciatore e Roma. C'è ancora il letto a baldacchino dove Bonaparte dormiva». Per finire una chicca di anticipazione: In ottobre a Palazzo Ferrajoli ci sarà un galà in onore dei giovani sposi (il matrimonio avverrà il 5 settembre nel castello di Antoing in Belgio) il principe Edouard La Tremoille de Ligne e la belllissima attrice Isabella Orsini (la recente protagonista della fiction tv "Il sangue e la rosa". Ma da settembre si potrebbe dire «il sangue blu e la rosa"). Io sono invitata al Castello e ho cominciato una dieta dimagrante da paura, per entrare in un "vestitone" vintage lungo con crinolina nel quale, quando non ero io vintage, entravo benissimo...