Bel Paese fabbrica di ricchezza Rivoluzione al Collegio Romano
Chi se lo ricorda un capo del governo al Collegio Romano, austera sede del ministero più povero d'Italia? Berlusconi ha spezzato l'incantesimo e ieri ha riempito come mai il Salone del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali per tenere a battesimo la rivoluzione firmata dal mite e deciso ministro Bondi e dal lesto supermanager Mario Resca, re Mida di McDonald chiamato otto mesi fa a raddrizzare le sorti grame del dicastero che potrebbe essere la gallina dalle uova d'oro del Bel Paese. Per lui al Collegio Romano è stata creata la Direzione Generale per la valorizzazione del patrimonio culturale. Da dopodomani pienamente in vigore. Dunque, il premier al Collegio Romano. Entra con mezz'ora di ritardo, mentre in platea lo aspettano archeologi e volti tv, direttori di musei e di archivi (da Marzullo a Strinati, da Alessandro Nicosia allo storico Aldo G. Ricci). «Ho tardato perché Bondi mi ha portato a vedere la biblioteca del ministero. Lo invidio, al confronto io lavoro in un retrobottega», attacca frizzante Berlusconi. È l'avvio di un incontro fitto di annunci, un'antologia di interventi su spettacolo e archeologia, su istituti di restauro e scuole, su televisione e cinema. Tutto sotto il comun denominatore «cultura». E sotto la filosofia: le risorse vanno impiegate razionalmente, su progetti qualificanti, non disperse con contributi a pioggia. Con preciso obiettivo, uscire dall'assistenzialismo, perché la «cultura, che non è né di destra né di sinistra, come è successo da Bottai a Gramsci, ma solo cultura, meno dipende dallo Stato e più è libera», dice Bondi, seduto alla destra del premier, mentre alla sinistra c'è Resca. Allora come finisce la storia del Fus, il Fondo Unico per lo spettacolo del quale da mesi si aspetta il reintegro? «Lo incrementeremo con il prossimo decreto legge - promette Berlusconi - La Scala e gli altri teatri non possono chiudere.Se Tremonti dice no non lo fa perché è un mostro, glielo impone la realtà dei conti». E però «andremo a un reintegro verso i 60 milioni di euro. L'anno prossimo cercheremo di spostare qui qualche risparmio sulla spesa». Bondi allarga il ragionamento: «Non è solo necessario aumentare gli stanziamenti, ma lasciare il campo all'iniziativa privata. La defiscalizzazione può essere uno strumento». Ma è tutto il sistema Bel Paese che ha bisogno di emulsionarsi. «Serve un drizzone dalla politica, l'Italia deve promuovere di più il patrimonio artistico, non può continuare a spendere in questo settore un ventesimo di quanto spende la Spagna. Quando confronto il numero dei visitatori dei musei in Francia o in Inghilterra con quelli italiani mi cadono le braccia», si sfoga il Cavaliere. Che fare? «Pubblicità in tv e manifestazioni, come l'Expo del 2015», la sua ricetta. «Quando ho visitato il Colosseo con il presidente cinese Hu Jintao, mi ha confermato che la nostra civiltà non ha pari al mondo». E qui il premier rilancia i progetti del Ponte sullo Stretto e della Tav, «così i turisti potranno velocemente sostarsi da Firenze a Roma, da Roma a Napoli e più a Sud». Basta poi con «gli introiti dei musei all'erario, vadano ai direttori, avranno una spinta a promuovere la loro struttura». Resca, tempestato di polemiche appena nominato, dice di essere ancora più motivato dopo la ricognizione nei musei stranieri e italiani. E sciorina cifre e strategie. «La domanda turistica legata ai beni culturali è passata in 10 anni dal 18 al 35 per cento ed è qui che bisogna mirare, perché un euro investito in cultura si moltiplica per sei nell'indotto. Bisogna capire e comunicare le esigenze del visitatore-cliente. E serve un'alleanza tra pubblico e privato». Insomma, la tattica dell'efficienza e del sorriso. Ma intanto il rilancio dei musei conterà su 40 milioni di euro e dieci milioni andranno agli istituti di restauro: «eccellenze italiane», dice il ministro. Soldi in arrivo da Arcus, la spa in condominio col ministero delle Infrastrutture che gestisce per la cultura il 3 per cento delle spese per Grandi Opere. Berlusconi sollecita anche l'apertura serale dei musei. Ribattono il sindacato: «Le facevamo dal 2001. Ma Urbani le bloccò. Seguito da Buttiglione, Rutelli e Bondi».