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Nord contro Sud, all'Italia serve un altro Garibaldi

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Frala primavera e l'autunno del 2011, a Torino, si festeggeranno (ma per la verità la kermesse, tra mille polemiche, è già iniziata) i 150 dell'Unità d'Italia sanciti proprio il 23 marzo 1861 quando venne nominato il primo governo del Regno presieduto dal conte Cavour. Ma è veramente reale l'unità del nostro Paese o, per dirla con i più critici, si tratta di un'impostura visto che è traballante il concetto stesso di nazione? A ribadire che l'Italia non corre alcun rischio secessione perché è già spaccata in due è Giovanni Floris nel suo ultimo libro «Separati in Patria» (Rizzoli, pag. 266) in cui il giornalista, autore e conduttore di Ballarò, ribadisce la divisione tra Nord e Sud, due mondi diversissimi, che a volte si odiano, quasi sempre non si capiscono e di sicuro non sembrano appartenere allo stesso Paese. E gli italiani sembrano cinicamente rassegnati alla doppia faccia dello Stivale. Insomma Floris, l'Italia non riesce proprio ad essere unita? «Esatto, non riesce ad essere unita, ad essere una nazionalità. Sono due nazioni che hanno problemi economici, risorse, condizioni di vita totalmente differenti. E non è solo che il Nord sta bene e il Sud sta male...anche perché non è affatto vero che il Nord sta bene». Cioè? «Ci sono livelli diversi di problemi: a sud non c'è lavoro e le imprese non riescono a sopravvivere; a nord si lavora, ma male, perché ci sono inefficienze nei rapporti con il pubblico, ci sono problemi di traffico». Anche a Roma il traffico ci assedia «Sì, ma per noi è una seccatura, per il nord che vive di commercio e trasporti è un problema galattico. Detto questo, i nostri Nord e Sud sono due nazioni che si stanno abituando sempre di più a pensare in chiave di Stati differenti». Da ciò la richiesta del Partito del Sud? «Il Partito del Sud è la dimostrazione di un grande malinteso. Il politico è colui che deve interpretare gli interessi della gente che rappresenta. Non ci sono problemi del sud, ma forse il sud ha la sua identità nei problemi. Al nord, invece, con la Lega si sono convinti che il problema è l'identità. Ecco ci stiamo abituando a vedere la politica in chiave troppo localistica, di vicinanza, anzichè pensare ai problemi nazionali. Pensiamo alle ronde: ci piacciono perché a livello locale conosciamo chi c'è nel gruppo, però se il fenomeno si trasforma a livello nazionale si dice che le ronde le fanno i fascisti». Però non si può dire che il Pdl con il suo 39% non rappresenti il Paese? «Il Pdl è un partito nazionalissimo, gli italiani ragionano allo stesso modo e chiedono alla politica la soluzione di questioni concrete e pratiche. Il Pdl dà l'idea di risolvere i problemi con la politica del fare proiettando un'immagine nordica. Del resto nei ruoli chiave di questo partito di governo ci sono ministri del nord, da Brunetta a Sacconi.... Il Pdl è del nord e il sud vota il nord perché ha archiviato l'idea di "contare" e si affida al nord che risolve». I numeri della sua inchiesta mostrano sono impietosi: il reddito medio in Val d'Aosta supera i 18 mila euro, in Basilicata non arriva a 11 mila, la Lombardia ha 27 mila posti negli asili nido, in Molise ce ne sono poco più di 200. Ci può essere una soluzione? «Pensare di rilanciare il Mezzogiorno soltanto in chiave economica non basta e ne abbiamo testimonianza dal passato. Servono liberalizzazioni per consentire ai giovani di lavorare e non sottostare a politiche vessatorie; serve una scuola nuova e una nuova selezione della classe dirigente; serve sconfiggere la criminalità. Tre idee che credo potrebbero risolvere problemi complessi da cui scaturirebbe una nuova Italia, un Paese moderno come attualmente non è ma come vorremmo che fosse». E convenie un'Italia unita? «Soltanto così daremo pari opportunità agli italiani e questo è il vero compito della politica. Quindi non risolvere solo lo squilibrio tra Nord e Sud ma tra ricchezza e povertà, tra quelle che oggi sono le "dispari opportunità"». Insomma, per dirla con Giovanni Floris, non ci serve un Obama italiano, ma un altro Garibaldi.

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