La chiave del posto proibito
Sene resta chiusa nella stanza, la bruna Anna Coliva. E assedia telefono e fax, impaziente per gli ok che sbrogliano la matassa della mostra che sta curando e che aprirà il primo ottobre. «Caravaggio e Bacon, ovvero l'ultimo Caravaggio - anticipa a Il Tempo - quello più drammatico. Come drammatiche sono le opere di Bacon. Eccolo, il nucleo forte della mostra, l'emozione di vedere accanto due personalità simbolo del dramma esistenziale». Insomma, prese nell'artiglio che lacera l'essere umano. In questi giorni se ne sta chiusa anche in un altro «antro», altrettanto speciale. La Biblioteca Hertziana, su a Trinità de' Monti, nel palazzetto manierista di Federico Zuccari, uno «scherzo» architettonico, con quei mascheroni ad ammiccare verso chi passa tra via Sistina e via Gregoriana. «La Biblioteca è chiusa per restauri, ma i gestori tedeschi mi consentono di entrare. Ho fretta, lavoro al saggio per il catalogo della mostra», spiega il direttore del museo che conserva Canova, e Bernini, e Raffaello. Estate indimenticabile, questa, signora Coliva? Speriamo di no, vorrebbe dire che qualcosa va storto nell'allestimento della mostra. Ma va tutto bene, benché in corsa contro il tempo. Allora quale estate non si smuove dalla sua mente? Quella di una dozzina di anni fa. E dove l'ha passata? Chiusa dentro il posto più esclusivo del mondo. A mio parere. Ovvero? La Biblioteca Hertziana di Roma. Corsi e ricorsi storici. Racconti come e perché. Beh, dovevo curare, insieme con un gruppo di studiosi, un libro importante, sa, uno di quei preziosi volumi dell'Electa sulla pittura d'Italia. A me commissionarono la parte relativa alla pittura romana del Cinquecento. Il volume doveva essere pronto per novembre, così come imponeva il finanziamento bancario. Si trattava di scrivere trenta cartelle, una stesura che richiedeva mesi di studio e documentazione. Dovetti scegliere tra vacanza o lavoro. E che cosa scelse? Il lavoro. Anche se c'era un grande intoppo. La Hertziana nel cuore della bella stagione chiude. Come fece? Ottenendo il privilegio che considero il maggiore mai avuto. Allora lavoravo alla sovrintendenza di Roma. Feci una particolarissima richiesta, poter lavorare anche a luglio e ad agosto. Alla Hertziana mi conoscevano, avevo la tessera d'ingresso. Ma mai avrei immaginato le condizioni del loro "sì". Mi diedero la chiave della biblioteca. Capisce? Avrei "abitato" da sola, in piena estate, quell'esclusivo tempio del sapere. Entrare e uscire a mio piacimento, a qualsiasi ora. Ritrovando sul tavolo i libri che stavo consultando. In qualsiasi momento. E quando entrava e usciva? Entravo di mattina, portandomi appresso una bottiglia d'acqua e una pera. Consultavo testi, raggrumavo ipotesi e idee per scrivere. Ad oltranza. Capitò qualche volta che uscissi a notte fonda. Non mi pesava: quelle stanze antiche, erano nella penombra, silenziose, fresche, in una stagione oltretutto non torrida. Le sere s'animavano con refoli corroboranti. Chiudevo il portone con la preziosa chiave e avevo di fronte lo spettacolo di Trinità de' Monti. Lo rimpiango ora, sa?. Perché, non è lo stesso? No, la vista della scalinata, giù a scendere fino alla Barcaccia, è tappata dal furgone-bar con gli hot dog. Il tempietto neoclassico proprio sullo slargo non si vede più. Seppellito dal parcheggio di motorini e camioncini. Inzeppati, a strati. La maggior parte sostano lì per l'Hotel Hassler. Già, i turisti pagano fior di euro per una notte lassù, poi escono e vedono un muro di lamiere e gomme. Torniamo a quelle notti. Erano la mia vacanza in una città animata ma senza caos. Cenavo in qualche ristorante, e incontravo amici, facce con cui avevo consuetudine. Valentino Zaichen, Piero Tosi, Piero Pizzi Cannella. Ci si sedeva ai tavolini che avevano fatto epoca, gli stessi dagli anni Cinquanta e prima ancora. Anche di quei tavolini ho rimpianto. Erano storici, connaturati alla città, discreti, pieni di storie. Adesso Roma è preda di quella che chiamo mania tavolinara. E aggiungerei malavitosa, da contrapporre a dolcevitosa, se vuole. Guardi piazza del Pantheon, è disgustosa. E invece allora brio e consapevolezza, storia e modernità si davano la mano. Accarezza la Roma anni Novanta. La Roma di una delle più belle estati della mia vita. E non chiamatemi snob.