Teodora, da attrice porno a imperatrice di Bisanzio

A Costantinopoli - la Roma d'Oriente - era ben nota. La conoscevano tutti per le sue ardite performances sulla scena. Era danzatrice e attrice di mimi, lo spettacolo più in voga, professione alla quale l'aveva avviata, giovanissima, la madre dopo la morte del padre, guardiano di orsi nell'ippodromo cittadino. Ma, secondo Procopio di Cesarea (non certo tenero nei suoi confronti), non era arrivata a fare molto di più che "offrire la sua bellezza, prodigandosi con tutto il corpo".   Stigmatizzando la proverbiale lascivia delle sue esibizioni, lo storico scrive che ella "spesso, a teatro si spogliava davanti a tutti e rimaneva nuda sulla scena, indossando attorno al sesso e all'inguine soltanto un perizoma, non perché si vergognasse di mostrare in pubblico quelle parti, ma perché a Costantinopoli nessuno poteva presentarsi in scena completamente nudo". Un suo "pezzo forte" doveva essere una sorta di quadro vivente sul tema degli amori di Zeus, tramutatosi in cigno, con la bella Leda. Procopio scrive che, parodiando con evidente allusione il momento culminante dell'avventura divina, "ella si distendeva a terra supina; poi alcuni schiavi le spargevano sul pube chicchi d'orzo che oche ammaestrate beccavano uno ad uno. Quanto a lei, lungi dall'arrossire, si rialzava tutta soddisfatta della sua esibizione". "Era più che spudorata - conclude lo storico - era essa stessa creatrice di spudoratezza". Oggi la diremmo una pornodiva: una pornodiva di quindici secoli fa, anno più anno meno. Ma la conosciamo anche noi. La sua immagine trionfa, infatti, al centro di uno dei mosaici più affascinanti e universalmente noti della storia dell'arte di tutti i tempi. Oggetto di studio di migliaia di docenti e di allievi. Ammirata (e fotografata) da milioni di turisti che si recano a Ravenna, per farne la conoscenza, nella basilica di San Vitale. Solenne e ieratica, il capo incorniciato da un grande nimbo dorato e ornato di uno splendido diadema gemmato dal quale pendono collane di perle, sul petto un "collare largo" tempestato di pietre preziose, indosso un rutilante manto di porpora e oro (nel bordo inferiore, un ricamo dorato, con le figure dei re Magi che recano i doni) e in mano un calice d'oro punteggiato di gemme, essa appare, sullo sfondo di una nicchia decorata, affiancata da uno stuolo di dame di corte, slanciate e aristocratiche, e da due dignitari, uno dei quali sposta da una porta, preceduta da una fontanina, una serica tenda, annodata al centro, per rendere agevole il passaggio. Lei è Teodora. L'imperatrice Teodora! Giustiniano se ne era invaghito, verosimilmente avendola ammirata a teatro. Ne aveva fatto la sua amante; poi, nel 525, l'aveva sposata, quando l'imperatore suo zio, Giustino, l'aveva associato al trono di Costantinopoli, prima di morire nel giro di un anno. Così, la pornodiva d'un tempo, nemmeno tanto lontano, non ancora trentenne, diventava la Basilissa, la sovrana dell'Impero Romano d'Oriente. Non sarebbe mai accaduto se non ci fosse stato Giustiniano. Senza di lui una pornodiva non sarebbe mai arrivata a quel trono. Ma, senza Giustiniano - l'imperatore che liberò Roma e l'Italia dai Goti, che recuperò all'antica unità parte dell'Impero d'Occidente, che costruì Santa Sofia ... - non avremmo avuto nemmeno il Corpus Iuris Civilis, la celeberrima raccolta di tutte le leggi e le regole del diritto romano che grazie ad esso si salvò e sopravvisse per diventare poi il fondamento del diritto comune dell'Europa e del mondo occidentale.