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Soldati e ufficiali, gente di Cuore

I soldati a Nassirya

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Ad aprire la parata sono gli "allievi dell'Accademia, quelli che saranno ufficiali del Genio e dell'Artiglieria": la loro divisa elegante, color nero, si accompagna ad un passo "ardito e sciolto" che ben esprime la loro duplice natura "di soldati e di studenti". Nell'Italia di fine Ottocento, dove lo studio a livello universitario è a totale appannaggio delle classi medio-alte, il cadetto dell'Accademia Militare è un'immagine accattivante di promozione sociale: un giorno sarà il comandante impenetrabile e freddo che impartisce ordini sul campo di battaglia, ma oggi è un giovane che, senza negare la propria esuberanza, ha imparato a disciplinarla, agile nell'incedere e distinto nel portamento, un modello di educazione, di correttezza e di cultura che ispira ammirazione e fiducia. Posti alla testa della sfilata, i "trecento cadetti" introducono l'esercito come ambito di regole e di ordine, dove i tratti comuni dell'età giovanile (l'irruenza, la prestanza fisica, la scioltezza) sono purgati da ogni eccesso e reinterpretati come lezione di stile. Dietro gli allievi ufficiali, sfila la fanteria, "la brigata Aosta che combattè a Goito e a San Martino, e la brigata Bergamo che combattè a Castelfidardo". Si tratta di tre momenti simbolo delle guerre regie risorgimentali: Goito simboleggia il Risorgimento nei suoi albori, San Martino nella sua fase più eroica, Castelfidardo in quella politicamente più matura. I re sabaudi, Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II, sono la guida e i garanti politici del percorso, il Regio Esercito lo strumento operativo. Le osservazioni di De Amicis, tuttavia, non si fermano alla memoria storica. Fanteria, "regina delle battaglie", significa numero, massa di combattenti, fila serrate pronte allo scontro. Ed ecco, conseguente, la descrizione: "quattro reggimenti, compagnie dietro compagnie, migliaia di nappine rosse, che parevan tante doppie ghirlande lunghissime di fiori color sangue, tese e scosse pei due capi, e portate a traverso alla folla". L'anonimato della massa ordinaria in armi, garanzia di forza e promessa di successo, si illumina con il color rosso delle nappine, un'onda in movimento che rinvia all'idea della battaglia ma nel contempo la depura da ogni tratto cruento: il Regio Esercito in parata deve trasferire lo spettatore in un mondo di astrazione, dove la patria si incarna nell'immagine delle vittoria senza evocare le sofferenze e i lutti del combattimento reale. Dietro la fanteria "si vedevan venire innanzi centinaia di lunghe penne ritte, che sorpassavano le teste degli spettatori: erano gli alpini, i difensori delle porte d'Italia, tutti alti, rosei e forti, coi cappelli alla calabrese e le mostre di un bel verde vivo, color erba delle loro montagne". Corpo recente, fondato solo dieci anni prima, gli Alpini hanno già un'immagine definita e popolare, che giustifica l'ampiezza della descrizione di De Amicis. Essi rappresentano in primo luogo il mito della difesa: le "porte d'Italia" sono le Alpi e lì, tra le rocce e i dirupi, i soldati con le "lunghe penne ritte" vigilano sulla sicurezza della Nazione, veri garanti dell'inviolabilità dei confini, pronti a respingere qualsiasi tentativo nemico di forzare i passi. In secondo luogo, gli Alpini sono strettamente legati all'ambiente nel quale operano: reclutati nelle stesse vallate dove prestano servizio, essi hanno i tratti caratteristici della gente di montagna, sono robusti, solidi, con i volti asciutti, le guance arrossate dal sole e dal vento, e con la penna ritta che li fa svettare tra gli altri soldati ("tutti alti, rosei e forti"). Questi tratti fisici rinviano a conseguenti attitudini comportamentali tipiche della popolazione alpina, la tenacia, la resistenza alla fatica, l'obbedienza silenziosa, il senso del dovere, la fermezza: le sentinelle delle Alpi non sono soldati fra i tanti, ma "quei" soldati, figli della montagna e della sua cultura. Subito dopo gli Alpini, per segnare il contrasto dei rispettivi valori simbolici, sfilano i Bersaglieri: "sfilavano ancora gli alpini, che corse un fremito nella folla, e i bersaglieri, l'antico dodicesimo battaglione, i primi che entrarono in Roma per la breccia di Porta Pia, bruni, lesti, coi pennacchi sventolanti, passarono come un'ondata d'un torrente nero, facendo echeggiare la piazza di squilli acuti di tromba che sembravano grida d'allegrezza". Se gli alpini rappresentano il mito della difesa, i bersaglieri rappresentano all'opposto il mito dell'attacco: non a caso i primi sono stati fondati subito dopo la conquista di Roma (quando il processo unitario è ormai concluso e la nazione ha bisogno di vigilanza e rassicurazioni) mentre l'origine dei secondi risale al 1836 (quando il Risorgimento è in gestazione e serve l'impulso di uno slancio offensivo). Agili, veloci, con le piume al vento, i bersaglieri offrono un'immagine di giovinezza ardimentosa e dinamica, pronti a lanciarsi all'attacco di qualsiasi obiettivo e capaci di travolgere ogni resistenza con il proprio impeto ("un'ondata di torrente nero"). Il tratto di festosa allegria legato agli squilli di tromba e allo sventolio dei pennacchi rinvia a un entusiasmo trasparente e convinto, ad una foga genuina, cui la disciplina militare ha conferito ordine senza togliere energia: i bersaglieri sono i giovani italiani delle vittorie risorgimentali, quelli che hanno dato al Paese la sua capitale naturale penetrando attraverso la breccia di Porta Pia nel cuore dello Stato Pontificio. A chiudere la manifestazione è l'arma più prestigiosa, la cavalleria: "e in fine passò di galoppo, con gli elmi al sole, con le lance erette, con le bandiere al vento, sfavillando d'argento e d'oro, empiendo l'aria di tintinnii e di nitriti, il bel reggimento "Genova Cavalleria", che turbinò su dieci campi di battaglia, da Santa Lucia a Villafranca". L'eleganza delle uniformi, il portamento nobile dei cavalieri, la scioltezza e l'impeto dei cavalli, la lucentezza delle bordature, lo sventolio degli stendardi, il luccichio delle lance, il rumore dei nitriti, sono tutti elementi carichi di suggestione, rappresentano insieme una promessa di prestigio sociale e una garanzia di sicurezza, suscitando applauso e ammirazione.

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