Nerone è tornato dove nacque nel 37 dopo Cristo, ad Anzio.
Edè tornato non come il folle tiranno che bruciava Roma e suonava la lira, ma come magister elegantiarum, cultore del bello. Ha il volto levigato, da fanciullo, il corpo muscoloso e lieve. Apollineo, piuttosto che dionisiaco. È il Nerone «inglese» del British Museum, un bronzo alto mezzo metro. Il pezzo forte di una mostra che è l'orgoglio di Anzio. E l'orgoglio di un esemplare museo, il Civico Archeologico, tenuto come una reggia dalla giunta del sindaco Luciano Bruschini e altrettanto curato dall'assessore alla cultura Umberto Succi e dalla responsabile, Giusi Canzoneri. Alla inaugurazione della preziosa rassegna c'erano la sovrintendente ai Beni Archeologici del Lazio, Marina Sapelli Ragni e il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Giro. A loro sarà saltato agli occhi la virtù di questo scrigno-museo. Nobile nel contenitore - la villa seicentesca del cardinale Bartolomeo Cesi - intelligente nella sistemazione dei reperti archeologici locali, vivace per le iniziative. Inaugurato nel giugno 2002, ha sfornato sette mostre. Andando a scovare quanto ad Anzio era stato sottratto e riportandolo nella città anche per un lungo prestito. «Un'archeologa scandaglia i massimi musei europei alla ricerca di pezzi trasmigrati da qui - spiega la Canzoneri - Ecco allora la Venere di Anzio venuta nel 2004 dal Louvre; ecco i "capolavori ritrovati" a Palazzo Massimo e al Museo delle Terme, ancora in esposizione, come il Ninfeo di Ercole, che resterà fino al 2010. Ecco ora i reperti del British. Altri se ne stanno individuando in Germania». Il circolo virtuoso delle collaborazioni con istituzioni straniere e con le nostre sovrintendenze rende vivo il museo, grazie anche ai laboratori. Centomila visitatori hanno varcato la soglia del Civico Archeologico, 63 mila i ragazzi coinvolti nelle attività didattiche. Il bello è si rovescia il luogo comune secondo cui tanti reperti giacciono dimenticati nei magazzini dei nostri musei. Succede anche all'estero. Per la Fanciulla di Anzio (trovata nella villa di Nerone) nel 2002 si sono riaccesi i riflettori. Idem per la Venere (nei depositi del Louvre) e il divo Nerone. Tutti i pezzi prestati da Londra - usciti dall'Italia tra il '700 e l'800 tramite mercanti d'arte - erano in cantina. Ora trionfano nel Salone delle Conchiglie del cardinale Cesi: la statua bronzea dell'imperatore (I sec.); il piatto istoriato con l'immagine del porto di Nerone (IV sec.); un Busto di Venere; un sigillo in corniola e una moneta con il volto dell'imperatore; una piccola testa della madre Agrippina in calcedonio verde. Il resto giunge dai Musei Capitolini (come l'Ara Neptuni e l'Ara Tranquillitatis). Evviva l'arte che calamita attenzione e rende. Evviva, secondo l'ultimo slogan del Ministero dei Beni Culturali, il museo diffuso. Se valorizzato.