"Con i miei figli faccio il papà affettuoso e severo"
Il re dei cinepanettoni, Christian De Sica, apparirà in un ruolo diverso da quello tipico delle solite commedie. A trasformarlo è stato Pupi Avati nel film «Il figlio più piccolo», prodotto da Antonio Avati con Medusa e da febbraio 2010 nelle sale. Nel cast ci sono anche Laura Morante e Luca Zingaretti, misterioso e cattivissimo consigliere. Christian interpreta Luciano Baietti, imprenditore senza scrupoli che ha abbandonato la moglie (Morante), ricca e un po' scema, con i due figli, Paolo (Marcello Maietta) e Baldo (Nicola Nocella), autentica rivelazione del film. De Sica, cosa l'ha spinta ad accettare un ruolo così drammatico? «Un cowboy ogni tanto ha voglia di scendere da cavallo, prendere il motorino e poi ripartire. Questa è una parte scomoda che molti avrebbero rifiutato, ma sono proprio le sfide che mi esaltano. E così mi sono messo addosso i panni di un uomo d'affari romano, piacione, un po' come certi personaggi di Sordi: quando sta per fallire approfitta del figlio Baldo, che lo adora, e lo mette in mezzo pur di salvarsi dalla galera». Essere diretto da Pupi Avati ha cambiato il suo modo di recitare? «Avevo già lavorato con Pupi, nel 1976, in "Bordella". All'epoca sembrava Guccini, aveva il barbone e i capelli lunghi. Dopo 33 anni l'ho riscoperto come un professore di cinema tutto compito. Sul set mi diceva sempre: "Christian, smettila di recitare sopra le righe, sei troppo falso, sii più vero. Il cinema di Avati è cinismo con una punta di ironia: è genio e sregolatezza, diponibilissimo e snobissimo, colto e ignorante allo stesso tempo. Mi ha insegnato a non essere viziato, figlio degli stereotipi creati dai cinepanettoni». Stavolta Avati racconta l'Italia di oggi, chiudendo la sua trilogia sulla paternità: lei che padre è? «Molto diverso da quel balordo che rappresento nel film. Ma oltre al padre infame che usa suo figlio, c'è anche il ritratto della famiglia di oggi, dura e cinica, dove il mio personaggio s'ispira al furbetto del quartierino. La mia generazione si era inventata la frescaccia che era meglio essere amico con i figli. Io non l'ho mai fatto, sono un padre vero, affettuoso e severo, ma non ho mai tirato uno schiaffo ai miei figli». Cosa le resta dell'educazione ricevuta da suo padre Vittorio? «Io ho avuto un padre vecchio, quando è morto avevo 23 anni. Era eccezionale e gli piaceva dirigermi: era un po' come Avati o Visconti, mi diceva: "Non pensare a recitare, ascolta e sii vero". Rossellini invece non spiegava nulla, al massimo urlava: "Mettiti là, dì così e soprattutto non imitare tuo padre". Con i miei figli ho fatto tutto quello che con mio padre avevo perso: giocare a pallone, correre o andare in bici». Quando girerà il cinepanettone? «Il 31 agosto partiremo per Beverly Hills con De Laurentiis, Ferilli e Hunziker, Conticini, Gianmarco Tognazzi e Alessandro Gassman. Non vedo l'ora di andare a Los Angeles, dove approfitterò per andare a scuola di tip tap».