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Eva & Diabolik

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Qualcunose lo ricorda, altri non sanno nemmeno che è esistito: il primo disegnatore del fumetto-mito Diabolik è una figura avvolta nel mistero, ancor più della sua creatura. Il fumettista si faceva chiamare Zarcone, ma forse era uno pseudonimo. Per il nome di battesimo solo ipotesi: Angelo, probabilmente. Era alto, biondo, lo chiamavano «il tedesco» e girava con un bambino per mano. Forse il figlio. Nei primissimi anni Sessanta Zarcone consegnò (in ritardo) i disegni dell'episodio numero uno alle sorelle Angela e Luciana Giussani, le «mamme» di Diabolik, che glielo avevano commissionato. Con un tratto un po' incerto Zarcone aveva fissato i lineamenti del «Re del terrore», questo il titolo della prima avventura, e ancora oggi, più o meno, restano quelli. Zarcone pretese una paga modesta (erano tempi duri), ma in contanti. Pochi maledetti e subito. Da allora, era il 1962, nessuno più ha sentito parlare di lui. Questa e numerose altre curiosità sul criminale più famoso dei fumetti sono magistralmente raccontate dalla mostra: «Diabolik-Eva Kant. Una vita vissuta diabolikamente», nel bel Palazzo Incontro della Capitale (via dei Prefetti 22), restaurato di fresco. L'esposizione, inaugurata ieri dal presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, sempre più impegnato per portare il fumetto tra le Arti con la «A» maiuscola, è curata da Vincenzo Mollica e dalla Casa Editrice Astorina, che da sempre pubblica Diabolik, diretta da Mario Gomboli. La mostra prosegue fino al 13 settembre, l'ingresso è gratuito. Il personaggio in calzamaglia nera ha ottenuto un successo planetario: i fumetti sono pubblicati da quasi cinquant'anni nel classico formato pocket che, da sempre, tutti chiamano «formato Diabolik». Più recente è l'albo grande. Le avventure sono tradotte in circa dodici lingue, più le «taroccate». «In India e Turchia abbiamo beccato delle pubblicazioni non autorizzate», spiega Gomboli, padre putativo del personaggio, direttore editoriale dell'Astorina dal '67. Al fumetto è stato dedicato un film: «Diabolik», di Mario Bava del 1968, con John Phillip Law, una serie a cartoni animati, e un universo di accessori, gadget, capi di abbigliamento. La mostra, articolata su tre piani, cerca di spiegare le origini di questo successo. Una risposta, semplice, la dà Vincenzo Mollica: «Diabolik è un po' come il tenente Colombo... sappiamo tutti quello che farà. Il nostro piacere è vedere come lo farà». Ma perché tanto successo? Perché Diabolik è un personaggio trasgressivo, «ma inventato da due signore, intelligenti, di classe, come le sorelle Giussani, che avevano cose da raccontare e sapevano come raccontarle». E buona parte del successo va attribuito ad Eva Kant, «una pin-up eccezionale - conclude Mollica - Per questo Diabolik è fedelissimo».

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