«La figlia di Sciascia mi ha detto no»
Tiberiade Matteis Si appresta a dedicare la sua estate a un progetto speciale e unico nel suo genere come «Minnazza», omaggio alla Madre Terra. Leo Gullotta sarà la voce solista di prose e liriche siciliane, accompagnato da tre maestri fisarmonicisti come Fabio Ceccarelli, Denis Negroponte e Romano Quartucci su musiche composte da Germano Mazzocchetti con la regia di Fabio Grossi. Le recite partiranno il 10 luglio da Villa Imperiale di Napoli e proseguiranno fino al 20 agosto con chiusura all'Anfiteatro Romano di Lecce. Perché ha scelto il titolo «Minnazza»? «È il grande seno femminile, un'immagine scolpita in una statuetta di 26 mila anni fa conservata a Vienna, grande poco meno di un pacchetto di sigarette eppure capace di raffigurare la Grande Madre Terra secondo i riti preistorici di fertilità». Cosa propone alle platee estive? «Non la canonica operazione furbastra per località turistiche, ma pagine di riflessione sull'individuo e sulla storia in un Paese che non vuole ricordare e preferisce abbandonare la sua tradizione culturale, volutamente e forse per rispondere a qualche preciso disegno. Gli scritti selezionati spaziano da Giovanni Meli a Tomasi di Lampedusa, da Luigi Pirandello a Luigi Capuana, da Pippo Fava a Ignazio Buttitta, poeta siciliano che ha segnato l'esserci, l'indignarsi e la richiesta di diritti, senza dimenticare Andrea Camilleri». Come mai non figura Sciascia fra gli autori privilegiati? «Non ho avuto il permesso di leggere quattro pagine de "Il giorno della civetta" dalla figlia che non ha consentito di estrapolarle dal contesto narrativo, pur ribadendo la sua stima nei miei confronti. Volevo dare voce alla conversazione fra i personaggi Bellodi e Arena, che mi è cara da quando recitai una trasposizione del romanzo con Turi Ferro e la regia di Mario Landi». Che rapporto ha con la sua Sicilia? «Esiste un'isola bella, animata da miti e leggende, che mi rimanda anche alla mia infanzia piena dell'entusiasmo degli anni Sessanta e oggi nobilitata dagli industriali uniti nella battaglia del "no pizzo" e dal gruppo giovanile di "Libera" che combattono quotidianamente contro la mafia. C'è però anche una Sicilia amara: mi feriscono i minuetti, gli antichi accordi, l'eventuale chiusura della Fiat a Termini Imerese, la precarietà e la disoccupazione». Ha un messaggio per le prossime generazioni? «Nel mio piccolo non esito a incoraggiare i giovani e questo spettacolo è infatti prodotto da Luciano Maggi che per la prima volta si espone con questo ruolo. A 63 anni d'età e dopo 47 anni di lavoro, ritengo giusto regalare speranze e stimoli ai collaboratori e agli spettatori che si affacciano alla fase adulta».