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Coco, ardente pellegrino sulla via del proprio calvario

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Sonorimasto scosso dalla lettura de "Il dono della notte" (Passigli, 59 pagine, 10,00 euro) di Emilio Coco, poeta a traduttore dallo spagnolo. Un folgorante libro costruito per "stazioni", proprio come un "calvario", dove il compimento verso il Tartaro del fratello Michele Coco (1934-2008), fine traduttore dei latini e dei "palatini", viene raccontato con la ferrea speranza di chi è onorato di rispettare le volontà di Dio, nonostante il dilaniamento dalle nostalgie e dalle sofferenze per il fratello morente, in agonia su un letto della Casa del Sollievo di San Giovanni Rotondo. Il secondo topos che Coco afferra e glorifica è quello della fratellanza ("Qui ti tengo / totalmente in balia del mio amore"; "E ti ho guardato / come un adolescente innamorato"; "Così vorrei cullarti questa notte, / cantarti la più dolce ninnananna / e alle tue intrecciare le mie dita"). Questo libro ci riconferma che ogni epoca davvero ambiziosa e robusta sa raccontare la morte e sa "ritornare ai classici". Cito l'avvio di una poesia di Coco, dove la misura cede a un'invocazione di dirompente religiosità popolare: « "Pellegrino, padrone dei tumori, / devotissimo servo di Maria, / meritasti che Cristo ti guarisse / da una piaga incurabile alla gamba. / Intercedi, ti prego, presso Dio / perché quest'uomo cessi di soffrire...». Andrea Di Consoli

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