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A Scarpa lo «Strega» dell'annus horribilis

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.Forfait di facciata. Finale alla Gattopardo (e già, Tomasi di Lampedusa vinse nel 1959): «Tutto cambia perché non cambi nulla». Ha vinto Tiziano Scarpa con «Stabat mater». Ha vinto Einaudi, ovvero per il terzo anno di seguito il gruppo editoriale Mondadori, la casa che si era ritirata perché da aprile, con «Orizzonte mobile» di Daniele Del Giudice, la sua era «vittoria annunciata». Scarpa ha calamitato 119 punti. Secondo, con un solo voto in meno, Antonio Scurati con «Il bambino che sognava la fine del mondo» edito da Bompiani, nell'orbita dell'altro gigante dell'editoria italiana, Rcs. Gli altri: Massimo Lugli («L'istinto del lupo», Newton Compton, 58 voti), Cesarina Vighy («L'ultima estate», Fazi, 36), Andrea Vitali («Almeno il cappello», Garzanti, 28). Mai tante facce infreddolite al Ninfeo di Villa Giulia, cornice fastosa del premio letterario romano, quello che di solito fa vendere di più (anche se l'abbuffata riguarda solo il libro che vince). A causa del «temporale» che ha squassato per settimane l'alloro di casa Bellonci, la dolce vita letteraria per eccellenza, domata per decenni da Anna Maria Rimoaldi, abile a combinare sul podio l'alternanza delle case editrici, poi sfuggita di mano al suo successore, il linguista Tullio De Mauro. Le puntate precedenti: Daniele Del Giudice, Mondadori, ha fatto il bel gesto di ritirarsi, con soddisfazione degli altri editori, mal disposti a ingoiare per il secondo anno consecutivo la vittoria della casa di Segrate (l'altr'anno riuscì a far vincere Paolo Giordano, che con «La solitudine dei numeri primi» ha vissuto di rendita per 12 mesi, vendendo oltre un milione di copie). Ma il forfait di Del Giudice ha messo sotto accusa il meccanismo del premio, le schede che la giuria dei 400 Amici della Domenica (cooptati a vita) spesso consegnano direttamente agli editori (spesso i propri editori), per disciplina di scuderia. Ecco allora la piccola rivoluzione di Tullio De Mauro, il direttore della Fondazione Bellonci: i giurati consegnino personalmente il voto, o lo inviino per posta. E se qualcuno ha obiettato che per posta il bigliettino poteva essere spedito agli editori, lasciando a questi il compito di reinviarlo, la Fondazione ha risposto: stop ai veleni, chi contesta il regolamento dia suggerimenti da approvare prima della prossima edizione. Appello al quale nessuno ha risposto. Già, i veleni. Il favorito della vigilia era Tiziano Scarpa. E Tiziano Scarpa ha vinto, segno che nulla è cambiato. Con la storia della sedicenne Cecilia, giovane violinista che suona in chiesa, abbandonata dalla madre, che si ostina a cercare di notte, affidando il proprio dolore alla scrittura. Vicenda dolente, sponsorizzata da Nicolò Ammaniti e Giorgio Montefoschi, anche loro abituati a sondare gli abissi. Ma il dolore, la violenza, le storie negative sono state il leit-motiv dello Strega 2009: romanzi sullo sfondo della Roma sregolata anni Settanta (Lugli), echi dello scandalo di Rignano (Scurati), malattie che inchiodano al letto per tutta la vita (Vichy). Lieve, ironica solo la storia di Vitali. Che è finita all'ultimo posto. Tempi bui.

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