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Addio all'arte di Pina Bausch

Pina Baush

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{{IMG_SX}}Aveva 68 anni Pina Bausch, che un male incurabile ha ieri strappato all'affetto della sua compagnia e dei suoi fan. Un lutto gravissimo per il mondo della danza, che aveva imparato ad amarla una trentina di anni fa per il suo stile inconfondibile a metà tra danza e teatro. I suoi spettacoli erano rigorosamente coreografati, anche se la parte registica vi appariva determinante. Senza parole, solo con musiche opportunamente scelte e gesti del quotidiano, Pina ci ha raccontato senza veli per anni la realtà del nostro tempo con le nevrosi, le angosce, le paure esistenziali, i tic tra il tragico e il comico. I suoi spettacoli nascevano da una analisi del tema e i danzatori apportavano i risultati delle indagini compiute. In Italia la Bausch era esplosa negli Anni Ottanta con spettacoli come Cafè Muller (1978), Kontakthof (1978) o Nelken (1983) con un palco disseminato di garofani, e vi era tornata più volte con creazioni espresse per Roma e Palermo. La fucina della sua inventiva rimane la compagnia di Wuppertal, erede di quella linea espressionista tedesca del capitolo storico del maestro Rudolf von Laban e dei suoi allievi Mary Wigman e Kurt Jooss. Una continuità espressa dalla vitalità della scuola di Essen, la Folkwang Schule, dove la Bausch si è formata. Nel suo genere, col suo tipo inconfondibile di gestualità, con le tematiche esistenziali, la Bausch ha fatto scuola, rifondando il filone del Tanztheater tedesco, cui appartengono personalità del calibro di Susanne Linke o Reinhild Hoffmann Partendo da lavori di grande respiro come le opere gluckiane Ifigenia in Tauride (1974, ma poi anche a Roma nel 1992) e Orfeo ed Euridice (1975), o da versioni personali di grandi balletti del repertorio come la Sagra della primavera di Strawinsky (1975) col palcoscenico invaso da terra, Pina era poi approdata ad un mondo poetico tutto suo, speculare alla realtà.

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