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San Paolo esalta Roma

Il restauro della più antica icona nelle catacombe di Santa Tecla

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Roma caput mundi. Roma che nel suo ventre ha tanta di quella storia da indignare di più quando la vediamo umiliata, ferita, sporcata, profanata. Un nuovo nucleo di emozione si raggruma, dopo l'annuncio di papa Ratzinger. Sono davvero i resti di Paolo, di quel Saulo di Tarso che percorse fino in fondo il cammino della redenzione, quelli che si venerano da duemila anni nel tempio «fuori le mura», prima una chiesetta voluta dall'imperatore Costantino per le spoglie di quel santo «cives romanus» venuto dall'Oriente, poi il tempio eretto da Teodosio e ampliato da Gregorio Magno, che attira ogni giorno torme di pellegrini. Dunque, l'apostolo delle genti che ispirò al Caravaggio quell'uomo che quasi si contorce su se stesso, folgorato sulla via di Damasco, dunque San Paolo è proprio sepolto dove è da venti secoli venerato. Lo dice la verifica tante volte messa sotto accusa (chi non ricorda le polemiche sulla Sacra Sindone?): l'analisi del carbonio 14. Un anno fa l'avvio della ricognizione, nella tomba mai aperta. Un minuscolo foro, l'introduzione di un sondino. Per guardare dentro la sepoltura. Ha visto tracce di lino colorato di porpora e laminato di oro zecchino, un tessuto azzurro, grani di incenso rosso. Materiali preziosi, la conferma che le spoglie erano di importante personaggio. Poi sono stati prelevati frammenti ossei, sottoposti appunto al carbonio 14 da esperti che non ne conoscevano la provenienza. Sono risultati appartenere a persona vissuta tra il primo e il secondo secolo, datazione compatibile con quanto narrano gli Atti degli Apostoli: Paolo fu decapitato, come avveniva appunto con i cittadini romani, intorno al 66-67 dopo Cristo. Ecco allora che si chiude il cerchio, proprio nella ricorrenza dei due Santi Patroni di Roma, su Pietro e Paolo: l'uno davvero nella tomba in San Pietro (come accertò clamorosamente negli anni '90 l'archeologa ed epigrafista Margherita Guarducci), l'altro nella basilica sull'Ostiense, in quello che era dapprima un grande sepolcreto pagano di cinquemila tombe, poi trasformato in cimitero cristiano, infine coperto dall'abbazia. C'è un trait d'union di colori nelle due scoperte annunciate dal Vaticano a ridosso della festività di ieri. Il rosso e oro che incorniciano la più antica immagine di Saulo, trovata nelle catacombe di Santa Tecla, rimanda alla porpora e al lino a fili d'oro individuati dal sondino entrato nella tomba «fuori le mura», mai toccata da duemila anni. San Paolo è ancora di più con noi. E la scoperta dei suoi resti, ha detto il sindaco Alemanno assicurando più controlli e migliore accoglienza ai pellegrini della grande basilica, «conferma ancora una volta Roma capitale della spiritualità e scrigno di tesori archeologici unici».

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