Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Domingo: «Che spasso io e Woody nella lirica»

default_image

  • a
  • a
  • a

LorenzoTozzi Pochi mesi fa aveva annunciato il suo addio alle scene, ma il richiamo della lirica è sempre troppo forte per un grande tenore come Placido Domingo, ora a Spoleto nella sua qualità di direttore generale dell'Opera di Los Angeles e responsabile del «Trittico» di Puccini accolto trionfalmente in America, di cui il Festival dei due mondi ha proposto ieri sera il «Gianni Schicchi» con la regia di Woody Allen. Un allestimento sui generis ambientato invece che nella Firenze medioevale di ricordo dantesco, in nell'Italia degli anni '50, quelli della commedia all'italiana. Che Allen ami il melodramma lo dimostrano le musiche dei suoi film, anche se asserisce candidamente e con la sua solita arguzia di addormentarsi al Sigfrido e di essere in fondo un incompetente in materia. «Mi piacerebbe che ora Allen facesse le Nozze di Figaro – rivela Domingo - una commedia di intrecci come piacciono a lui nei suoi film». Che ricordo ha della «prima» americana? «Era l'apertura della stagione scorsa. Il direttore James Conlon era con noi per la terza stagione. Fu una serata indimenticabile. Il «Trittico» non è una produzione, ma tre insieme; per questo si fa poco. Da anni volevo come regista Woody Allen. Una dozzina di anni fa gli avevo chiesto una «Bohème», ma gli impegni gliela impedirono. Questa volta ha accettato perché l'opera era più breve, non aveva masse nè coro e c'era il centocinquantenario di Puccini». Ma la regia si discosta abbastanza dall'ambientazione del libretto… «Woody Allen ha avuto un'idea diversa, una lettura sua. Era felice ed ha fatto più presto che nel cinema. Sono felice di aver scelto Spoleto per il battesimo europeo di questa produzione; sarà interessante vedere le reazioni del pubblico italiano. Comunque Woody è impossibile fermarlo, bisogna prenderlo com'è, prenderne i momenti geniali. Mi sarei anche fatto dirigere da lui. Comunque si è divertito molto, forse faremo ancora un'opera nuova insieme». Ma c'è ancora la Firenze di Dante? «Nel «Gianni Schicchi» di Puccini c'è molta Firenze, ma la famiglia che agisce non è fiorentina, piuttosto siciliana. Allen si diverte e ci dà dentro. Del resto la lotta per l'eredità è tipica di tutte le epoche e di tutte le latitudini. Posso capire che non piaccia, ma è meglio di tanta roba non accettabile in giro e di molto minimalismo. Con lui mi piacerebbe anche molto fare il «Don Pasquale». Chissà.... Come sceglie le sue produzioni a Los Angeles? «Non scelgo solo quello che piace a me e neppure solo quello che piace al pubblico, ma alla fine spero che gli spettatori siano contenti: in questa operazione Woody ci ha dato tanta gioia, usando la stessa inventiva dei suoi film». Lei è affettivamente legato a Spoleto? «Sono stato ospite di Menotti: il festival gli deve moltissimo, non deve essere dimenticato».

Dai blog