Spoleto, quel Festival che sa di futuro
Il Festival dei Due mondi di Spoleto ha avuto in mezzo secolo di vita meriti innegabili. È stato difatti la madre di tutti i Festival italiani (ormai se ne contano parecchie centinaia anche in piccoli centri di villeggiatura). La linea programmatica imposta nella cittadina umbra da Giancarlo Menotti, compositore di caratura internazionale, sembrava privilegiare musica e danza, pur nascendo da una sinergia di consulenti artistici di calibro eccezionale come il direttore d'orchestra Thomas Schippers o l'attore Romolo Valli, alla cui scomparsa si lega una sorta di incrinatura sulla forza propositiva del Festival. Il Festival di Menotti ha avuto il merito di far conoscere in Italia non solo opere musicali desuete, ma soprattutto compagnie di danza di calibro internazionale, da Gades a Balanchine, da Arthur Mitchell a Mark Morris, da Murray Louis a Kylian o Alvin Ailey. Insomma il Festival era una finestra sul mondo dello spettacolo. Oggi, dopo la scomparsa del maestro, spentesi le fastidiose polemiche tra amministrazione comunale e gestione del Festival, la rassegna in un clima più sereno è in nuove mani e gode del pieno sostegno del Ministero dei Beni culturali. Dallo scorso anno la direzione artistica di Giorgio Ferrara, forse spostando un poco l'ago della bilancia verso il teatro, ha riportato registi di vaglia sul colle spoletino, da Bob Wilson a Luca Ronconi. Il tentativo di rinnovamento, che passa anche per le preziose consulenze di Alessio Vlad per la musica e di Alessandra Ferri per la danza, tende a rivitalizzare la rassegna, sostituendo gli sponsor tradizionali con nuove energie economiche e conquistando nuovo pubblico. Il cartellone prenderà avvio domani con il concerto inaugurale dedicato a musiche di Menotti con l'attesa ed anticonformistica messinscena di Woody Allen, alla sua prima regia lirica, del Gianni Schicchi di Puccini prodotto dall'Opera di Los Angeles, diretta da Domingo che sarà presente alla prima italiana. E per la lirica non trascurabile appare pure il Mozart di Raynaldo Hahn (dal 3 luglio) con la regia di Pizzi, per non dire dell'Apocalypsis nuovo di zecca di Marcello Panni (10 luglio). Di qualità la danza con un doveroso omaggio a Jerome Robbins (5 luglio), uno spettacolo (Bamboo blues) firmato Pina Bausch ( dal 4 luglio) e un tris di coreografi emergenti (3 luglio). Parte del leone per il teatro di prosa con Robert Wilson che firma Brecht: Giorni felici e L'ultimi nastro dei Krupp (27-29 giugno), e Ronconi che ripennelleggia con libertà il Gabbiano di Cechov (27-29 giugno), mentre Antonio Latella riscrive Le Nuvole di Aristofane (dal 9 luglio), Pamela Villoresi (8 luglio) è protagonista di Appuntamento a Londra di Vargas Llosa e Bonacelli recita il De Profundis di Oscar Wilde (11 luglio). Come sempre però mille altre iniziative si affastellano, dalle mostre agli eventi a fare del Festival, giunto ormai alla sua cinquantaduesima edizione. Letture poetiche sul tema del nostro Risorgimento, conversazioni sul mutamento dei tempi nostri, mostre ed eventi cinematografici arricchiscono la già succulenta kermesse. Il segreto di Spoleto e del suo Festival è tuttavia l'equilibrio assortito tra i generi, già quest'anno più soddisfacente rispetto allo scorso cartellone, per forza di cose messo insieme in tempi troppo ristretti. Certo, se Spoleto non vorrà rinunciare ad essere Spoleto, ovvero il Festival guida, il faro della cultura dello spettacolo estivo italiano, non si deve stancare di cercare a 360 gradi nel mondo i giovani talenti, le nuove iniziative e tendenze, le compagnie emergenti sia di danza che di teatro, le produzioni sperimentali, le opere meno note ma degne di conoscenza e diffusione. Più che all'ordinario (già oggetto di mille iniziative invernali, cartelloni lirici, sinfonici o teatrali) deve continuare a guardare allo straordinario, che solo rende un Festival unico ed indispensabile nel suo genere. Certo, oggi la crisi economica produce difficoltà sia nel reperimento degli sponsor che nella gestione delle sempre troppo esigue risorse. Tuttavia la crisi economica non deve mai diventare (per pigrizia oppure per necessità) una crisi di idee. La storia ha dimostrato ad esempio che molti capolavori sono nati proprio in tempi di difficoltà, di emergenza, anzi anche di guerra. Segno che le idee spesso contano più dei mezzi. E l' augurio al new deal di Spoleto è unanime. Dopotutto Spoleto è parte di noi e della nostra recente storia.