"Le grand macabre" a Caracalla divide il pubblico tra nudità e marionette somiglianti agli umani
Del resto «Le grand macabre» racconta della paura della fine del mondo, preannunciata dall'angelo della morte Nekrotzar in una collocazione spazio-temporale indeterminata, ma surrealista. La bislacca storia, che si risolve in un happy-end solo perché il diabolico Nek ha bevuto e l'ora fissata scade, vede in scena più goffe marionette che reali personaggi: il sempre alticcio Piet, la coppia sado-maso con il travestito Astradamors e la ninfomane Mescalina, il principe Go-Go assillato dagli scontri delle opposte fazioni e due estraniati amanti. La scena vede protagonista una enorme bambola nuda (meglio un agonizzante gesso umano come quelli di Pompei) destinata a ruotare su se stessa e a mettere in vista tutte le sue intimità. Dai suoi seni, dalla sua vagina sciorinata come un siparietto, dalle sue viscere fuoriescono i figuri di questa umanità apocalittica in un crescendo davvero efficace nella parte finale. Una vera scommessa, motivata dal nome indiscusso del compositore, garantita dalla bacchetta esperta di Zoltan Pesko, da un cast valente di cantanti come il carismatico del Chris Merrit (Nekrotzar) e dal visionario allestimento di Ollé destinato a suscitare consensi ma anche proteste rumorose . Insomma, ancora una produzione che lascerà dietro di sé strascichi e polemiche.