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Il Canto Popolare tutto da ascoltare

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LorenzoTozzi Roma nel weeck end diventa capitale del canto popolare italiano. A S. Ivo alla Sapienza (ore 20.30 e ingresso gratuito) sotto la avveniristica cupola a spirale borrominiana si alterneranno, per la rassegna «Tanto per cantare», alla sua decima edizione diversi cori, tra cui quello del Lunedì, diretto da Cesare Pocci (ente organizzatore della manifestazione), Anaroma diretto da Guido Podestà, Monti Pallidi di Laives (Bolzano) diretto da Paolo Maccagnan, In Canto di Napoli diretto da Davide Troia, quello della Portella di Paganica (Aquila) diretto da Vincenzo Vivio e quello brasiliano Aquarela in sinergia col Diego Carpitella dell'Università La Sapienza sotto la direzione di Giorgio Monari. Saranno eseguiti gli uni accanto agli altri canti abruzzesi e altoatesini, napoletani e carioca: canti di montagna e di emigrazione, di guerra e di lavoro, ma anche d'amore con varie sfumature. Come dire una variegata galleria di spunti corali a dimostrare la estrema vitalità della coralità di ispirazione popolare. «Il canto popolare costituisce un nostro patrimonio musicale e storico tanto ricco quanto poco conosciuto – sostiene Stefania Lazzari Celli Scotti, presidente dell' Associazione Musicale Il Coro del Lunedì – Con questa rassegna cerchiamo di mantenere viva questa tradizione così importante per la nostra identità e farla conoscere alle generazioni future. Il canto popolare si tramanda grazie alla tradizione orale, ma anche attraverso il lavoro e la passione di grandi artisti come Salvatore Di Giacomo e Arturo Benedetti Michelangeli». Nonostante infatti il nostro Paese possa vantare nomi insigni nel campo della ricerca etnomusicologica, come quelli del compianto Diego Carpitella e di Roberto Leydi, la pratica della musica popolare più genuina è ancora troppo poco diffusa. Manca ad esempio, sull'esempio di compagnie come quella leggendaria di Igor Moisseyev a Mosca, un'Accademia nazionale di musica e danza che promuova tutto il foklore italiano, dalle monferrine e le furlane alle tarantelle napoletane e al saltarello romano, insomma tutte le variegate danze e i canti delle diverse regioni italiane di cui è rimasta spesso traccia anche nei grandi balletti del repertorio (come Napoli o Infiorata a Genzano di Bournonville). Ove nascesse da seria ricerca una tale iniziativa sarebbe non solo un grande traguardo artistico e culturale, ma potrebbe veicolare la nostra tradizione popolare davvero nel mondo (a partire dalle comunità italiane in Argentina, Australia o Stati Uniti).

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