Il mestieri di cronista e di scrittore sono agli antipodi
Latua è una passione recente? «No. Ho due romanzi nel cassetto da anni. Il primo l'ho scritto quando ne avevo 24. Ma non ho mai trovato un editore. È questa la cosa difficile, non scrivere un libro, ma riuscire a pubblicarlo. E io con la Newton Compton sono stato molto fortunato». Come è nata l'idea del tuo primo libro, «La legge di lupo solitario»? «C'erano troppi poliziotti e investigatori privati e ho pensato a un personaggio completamente out. Ho cominciato senza uno schema definitivo. Ci ho messo cinque anni...» Perché? «Mi fermavo spesso. Avevo paura. Avevo giurato che, se non fosse andata bene, non avrei provato più a scrivere narrativa». E «L'istinto del Lupo», quello con cui forse concorrerai allo Strega? «Chiaccheravo con il mio editor, Cristiano Armati, e mi ha detto: "Perché, invece di un seguito, non scrivi un prequel?". Mi si è aperto un mondo. Ho cominciato il giorno dopo e, in sei mesi, l'ho finito». Qual è la difficoltà per un cronista nello scrivere un romanzo? «Non essere conciso, diventare consapevole del fatto che sei più libero nella forma narrativa e nell'uso di certi termini». Che effetto ti ha fatto sapere di poter partecipare allo Strega? «All'inizio ho pensato a uno scherzo dei miei editori. Beh, mi sento come un pugile dilettante iscritto al mondiale dei massimi». Che ruolo hanno avuto nella tua metamorfosi le arti marziali che pratichi da anni? «Ogni pratica marziale è una sorta di avventura. E spesso l'ispirazione è arrivata mentre facevo Tai Chi». Il tuo prossimo lavoro? «Ti dirò soltanto che il protagonista è un cronista esperto di karate kyokushin. Un'arte marziale estrema e micidiale. Anche se, nel combattimento come nella scrittura, è sempre l'individuo che fa la differenza».