"Questa volta la violenza è donna"
{{IMG_SX}}Creata dal giornalista e scrittore svedese Stieg Larsson, scomparso a 50 anni nel 2004, la trilogia «Millennium», inizialmente concepita in 10 libri, sbarca finalmente al cinema. Il primo capitolo della saga, «Uomini che odiano le donne» di Niels Arden Oplev, dopo aver incassato 27 milioni di euro in Scandinavia, uscirà venerdì in Italia distribuito da Bim in 450 sale. Mentre «La ragazza che giocava con il fuoco» (in predicato per il festival di Roma) e «La regina dei castelli di carta», entrambi diretti da Daniel Alfredson, usciranno rispettivamente a novembre 2009 e nella primavera 2010. Alla trilogia «Millennium», edita in Italia da Marsilio che ha venduto nel mondo più di 10 milioni di copie, non seguirà però il quarto libro: la famiglia di Larsson ha deciso di non pubblicare la storia di 300 pagine, delle 400 previste, ambientata in Canada e dove l'eroina si ritrova tra orsi polari ed eschimesi. Ma in questo primo episodio la protagonista, Lisbeth (Noomi Rapace), hacker anoressica e rabbiosa che combatte come un uomo, aiuta nelle sue indagini il brillante giornalista Mikael Blomkvist (Michael Nyqvist): caduto in disgrazia dopo un'inchiesta andata male, l'uomo viene ingaggiato da un miliardario per scoprire che fine abbia fatto la figlia adottiva scomparsa 40 anni prima. Per il regista, ieri a Roma con l'attrice e il produttore Soren Staermose, «per anni la Svezia ha proiettato nel mondo la sua immagine perfetta, ma Larsson ne ha descritto il lato oscuro: è un Paese dove si producono armi, ci sono scandali finanziari, razzismo e strascichi del rapporto tra Svezia e Germania nazista. Mentre la società contemporanea al potere è patriarcale, violenta e crudele con le donne. Ogni anno vengono denunciati 20 mila casi di violenza sulle donne, in realtà i casi sono 100 mila, numero impressionante se si pensa che la Svezia conta 9 milioni di persone». «Io interpreto una ragazza che ha subito molte violenze nella vita, tra cui quella fisica - ha aggiunto Rapace che ricorda un po' la Nikita di Besson -. Lisbeth, il mio personaggio, subisce un brutale stupro da un laido avvocato, suo tutore, al quale era stata affidata. Superato lo shock, lei si vendica in maniera feroce, lo violenta con un dildo e gli tatua sulla pancia la scritta: "sono un porco stupratore". Invece di chiudersi in se stessa, come fanno molte donne stuprate, lei reagisce vendicandosi. Di fronte a questa scena molte signore hanno applaudito e anch'io sul set mi sono molto immedesimata in quell'atto di feroce vendetta. Ma ora, a mente fredda, penso che non sia certo la vendetta il modo migliore per reagire allo stupro».