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Uno e centomila, pover'uomo

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Glieroi dell'infanzia e le canzoni della gioventù, le facce dell'immaginario collettivo - attori, maschere - e le tragedie quotidiane. E metafisiche. «L'uomo mascherato» (Bietti Media), ritorno al verso di questo sociologo curioso della vita e dei sentimenti (Saccà è stato docente alla Sapienza di Roma) si districa in un irridente marasma, in una babilonia senza né capo né coda. L'identificazione è uno dei leit motiv: in un personaggio dei fumetti e, quando si cresce, in un amore, o nell'arte. Alla ricerca, sempre, di un ubi constistam, nel caos che ci sommerge. Alludono al disordine i titoli delle poesie, dissociati rispetto al testo, talvolta lapidario, talvolta esteso come una meditazione notturna. Sicché «E le stelle stanno a guardare», per esempio, si esaurisce in due righe: «La morte ci fa morire. / La coscienza uccide». «Il crepuscolo degli dei» si snoda nel rimpianto: «Quando Oreste Lionello morì / ricordai il suo modo di parlare / a labbra chiuse / da machiavelli romanesco...». Irrompe lo iato più lacerante della coscienza nel finale "Vademecum per il legislatore sulla «fine vita": «È proibito staccare il sondino e la idratazione se non almeno dieci giorni - 10 - dopo la morte». Quanta amarezza. Li. Lom.

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