«Ti avrei voluto», la vita nel racconto di un artista-poeta
«Tiavrei voluto». Una frase fatta? Un luogo comune? No, un libro scritto dentro un mondo di pensieri, una ridda di emozioni cavalcata in apparente disordine, ma ordinata dall'esperienza e dalla riflessione schietta. Senza fronzoli, come in uno dei tanti monologhi che hanno reso famoso Andrea Roncato. Un'escalation di toni e di brusche frenate, dall'esaltazione all'autocritica per arrivare a definire il proprio essere. E un percorso artistico. Mai, però, in forma strumentale o voyeristica e autocelebrativa. L'istinto e la maturità si fondono a meraviglia tra una poesia e un breve racconto, tra lo stupore di trovarsi solo a fermare il tempo e la gioia di riuscire a comunicare a tutti la scoperta di un antidoto alla solitudine: il dialogo. Solo in apparenza muto, perché oggi è un libro. Da divorare, alla scoperta di un uomo sensibile e stupefacente per i quadri che riesce ad appendere nell'«arredare» tutto il racconto, in una forma di romanzo accessibile a tutti e non catalogabile nella lunga lista delle inutili, melense e paludate autobiografie. Perché, in «Ti avrei voluto» (Excelsior 1881 editore, pagg. 150, euro 12,50) il messaggio di Andrea Roncato è quello di un uomo che ha saputo mettersi in discussione. E rivalutare il senso della vita, anche scrutando il mondo degli animali. Non a caso, il libro si apre con una poesia, «A Kumi», dedicata a un cane: «Spesso abbiamo la sensazione di sentirci osservati da sguardi che conosciamo bene e ci appaiono fra i pensieri, all'improvviso, occhi di persone care che non ci sono più, occhi di vecchi amori, di amici perduti, di chi abbiamo fatto soffrire senza ragione o di chi se n'è andato, prima che avessimo il tempo di farci perdonare qualcosa. Fra tutti questi occhi ci sono anche gli occhi di un cane... comprato per gioco, usato come un gioco, cercano ancora quel padrone che non c'è mai stato, chiedono ancora quella carezza che non gli ho mai dato». Da qui, attraverso la vita di Andrea Roncato, si ripercorrono le tappe della televisione, dello spettacolo e del costume degli ultimi vent'anni. Racconti, appunti, incontri, successi e cadute dell'attore comico che ha saputo creare personaggi come la Mamma e Loris Battacchi capo-ufficio pacchi, tanto amati e popolari da essere diventati icone. La conclusione? Eccola: «Col mondo che non è più quello di allora, con la televisione che non è più quella di prima e con me stesso che, per come mi sono perso e ritrovato, non sono più quello che ero, tre cose non sono cambiate in tutti questi anni: gli amici e il loro affetto, il pubblico e il bisogno di amore che ho».