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Addio a Mauri, turista di tutte le arti

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Èil leitmotiv del percorso creativo di Fabio Mauri (classe 1926, romano), appena scomparso. Il suo ruolo di artista totale implicava uno scambio continuo e paritario con teatro, cinema, poesia per dare impatto alle sue ossessioni: guerra (da lui definita “Il contrario”), fascismo, razzismo. Per le sue innumerevoli aperture Lea Vergine lo ha definito “turista di tutte le arti possibili”. Partito da un azzeramento della pittura con i suoi “Schermi” che sembravano preconizzare il vuoto dello spazio televisivo e la sua invasiva presenza di oggi, Mauri strinse un intenso sodalizio con molti scrittori d'avanguardia, da Balestrini a Sanguineti, da Arbasino a Manganelli. Negli anni '70 si è dedicato alle performance a sfondo politico e sociale, in una sintesi tra la pittura e il teatro sperimentale e documentaristico. Fra le più famose spicca “Che cosa è il fascismo?” (1971), con statue-simulacri di gerarchi fascisti e filmati d'epoca dell'Istituto Luce. E poi la performance “Intellettuale”, tre anni dopo, in cui Pasolini si farà proiettare sul corpo il film “Il Vangelo secondo Matteo”. Nella Biennale di Venezia del 1993 Mauri presenta “Il Muro occidentale del Pianto”, un muro di valigie che evocano l'orrore dell'Olocausto. In tutte queste opere l'artista ha cercato di coinvolgere lo spettatore per farlo sentire responsabile di una realtà tragica. Ha sacrificato la sfera estetica per privilegiare un'arte comportamentale che forse col passare degli anni risulterà pesantemente datata. Cordoglio per la sua morte è venuto dal presidente Napolitano.

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