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Montecassino, la battaglia che cambiò l'Italia

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{{IMG_SX}}Il 18 maggio di 65 anni fa, alle ore 10,30, il 12° Reggimento polacco "Poldolski" entrava finalmente nelle macerie dell'Abbazia di Montecassino, ponendo così termine alla più dura e cruenta battaglia sul suolo italiano della seconda guerra mondiale. In effetti la battaglia di Cassino sta alla campagna d'Italia come lo sbarco in Normandia sta alla campagna per la liberazione della Francia. Dopo nove mesi di terribili combattimenti, lo sfondamento della linea di difesa germanica apriva infatti agli alleati la strada verso Roma. Nel luglio 1943, sbarcati in Sicilia e a Salerno, gli alleati procedevano rapidamente verso il nord della penisola. Ma le forze tedesche apprestarono un'estesa e profonda linea di difesa, la Linea Gustav (che tagliava trasversalmente l'Italia dall'Adriatico al Tirreno), avente come posizione dominante Montecassino, che sovrastava l'unica via di accesso verso la capitale, la statale Casilina. L'area divenne linea di massima resistenza tedesca, fitta di trincee, casematte, postazioni di artiglieria e mitragliatrici, campi minati. Nell'autunno del '43, stretti nella morsa degli alleati, i tedeschi fecero evacuare i civili che si rifugiarono proprio nell'Abbazia, certi che il luogo di culto sarebbe stato risparmiato dalla furia bellica. I comandi tedeschi, su 120 autocarri, fecero trasferire in Vaticano i preziosi tesori del Monastero, per sottrarli alla devastazione bellica. La battaglia di Cassino si svolse tra l'11 gennaio e il 18 maggio 1944. I centri abitati furono coinvolti dalla furia della guerra e molti furono completamente rasi al suolo, con gravissime perdite anche tra i civili. Il 15 febbraio, ritenendo erroneamente che nell'Abbazia fossero nascoste le truppe germaniche, i comandi alleati ordinarono un pesantissimo bombardamento (576 tonnellate di bombe), in cui persero la vita 400 civili e che riducevano in macerie il Monastero, che a quel punto, non essendo più "zona sacra", fu invece trasformato dai tedeschi in una inespugnabile roccaforte. Oggi tutta l'area del cassinate può essere considerata un enorme museo a cielo aperto. Del resto ogni sperone di roccia, ogni contrada, ogni corso d'acqua, sono stati teatro di violentissimi scontri, in cui hanno perso la vita decine di migliaia di uomini di 12 nazionalità, (tra cui tedeschi, americani, inglesi, neozelandesi, indiani, polacchi, francesi, canadesi, italiani). La nostra visita inizia dall'Historiale. Il museo sorge al centro della città di Cassino ed è stato ideato e realizzato dall'Officina di Carlo Rambaldi, genio degli effetti speciali, che ha organizzato l'esposizione come una sorta di grande sceneggiatura. Il percorso multimediale (arricchito da numerosi cimeli e reperti) descrive le tragedie del secolo, cominciando dalla Grande Guerra, passando attraverso l'affermazione dei regimi totalitari, fin quindi alla seconda guerra mondiale. La battaglia di Cassino, esaustivamente spiegata nelle ragioni e nelle dinamiche, è illustrata con tecnologie audio/video di indubbio effetto coinvolgente. Nella visita alle zone di battaglia, ci accompagna Michele Di Lonardo, appassionato ed esperto conoscitore dei luoghi, cui da anni dedica studi e ricerche. Suggestivo il cimitero di guerra polacco, adagiato nella conca a nord dell'Abbazia, e dove nel 1970 fu sepolto, su sua richiesta, il Generale Anders, comandante delle truppe carpatiche. L'area è sovrastata dalla Quota 593, da cui i polacchi mossero gli assalti alle macerie del Monastero. Al di là della Quota, in una valle stretta e nascosta, si snoda la Cavendish Road, realizzata da truppe neozelandesi e indiane, sul tracciato di un vecchio sentiero. Anche questo percorso servì per aggirare con i carri armati Montecassino, nel tentativo di isolare le forze germaniche lì asserragliate. Lungo la valle del Liri, di straordinario interesse è il piccolo centro di San Pietro Infine, che la nostra guida definisce "la Pompei della seconda guerra mondiale". Il paese fu arena di sanguinosi scontri, che costrinsero la popolazione civile a rifugiarsi e vivere per mesi in un labirinto di caverne (oggi visitabili). Il borgo distrutto fu quindi abbandonato e solo oggi, dopo più di 60 anni, ne è iniziato il recupero con interventi di vera archeologia, che portano alla luce non solo il teatro dei combattimenti, ma anche la realtà rurale dell'epoca. Le rovine furono utilizzate da Mario Monicelli come set per alcune sequenze del film "La grande guerra". Ma già nel 1943, le vicende belliche di San Pietro Infine furono filmate dalla cinepresa di John Huston. La nostra visita si conclude a Sant'Angelo in Theodice, sulle rive del fiume Gari, le cui acque vorticose furono insanguinate dai caduti statunitensi della 36° Divisione Texas. Sull'argine, si impone solennemente all'attenzione la Campana della Pace, che risuona ogni giorno, come monito severo e commossa memoria.

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