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Addio all'alpinista Achille Compagnoni

Achille Compagnoni

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Alle diciotto del 31 luglio 1954, nella solitudine estrema degli 8611 metri, Achille Compagnoni e Lino Lacedelli estrassero da una sacca la bandiera tricolore e, con il sostegno di una piccozza, la puntarono sulla cima del K2. Giorni dopo, l'immagine fotografica fece il giro del mondo. Il gesto dello scalatore originario di Santa Caterina Valfurva e dello "scoiattolo" di Cortina d'Ampezzo fu l'atto conclusivo di una sfida collettiva che consentì all'alpinismo italiano di legare il proprio nome alla conquista della seconda vetta del mondo, meno di un anno dall'ascesa degli 8848 metri dell'Everest compiuta il 29 maggio 1953 da Edmund Hillary e da Tenzing Norgay. A quell'impresa parteciparono Erich Abram, Ugo Angelino, Walter Bonatti, Cirillo Floreanini, Pino Gallotti, Mario Puchoz, colpito a metà strada da polmonite fulminante, Ubaldo Rey, Gino Soldà, Sergio Viotto, Guido Pagano, medico, e Mario Fantin, cineoperatore.  La designazione dei due scalatori per l'attacco finale alla cima, già tentata nel 1909 da una spedizione italiana condotta da Luigi Amedeo di Savoia, fu dettata da Ardito Desio, capo-spedizione, geologo ed esploratore impegnato in precedenza in analoghe spedizioni alpinistiche nel gruppo del Karakorum e distintosi, in particolare, per essere stato il primo ad individuare, nel 1932, presenze di petrolio in Libia. Iniziato il giorno precedente e preceduto nella notte tra il 30 e il 31 luglio da un ultimo bivacco, l'attacco di Compagnoni e Lacedelli fu favorito dal recupero delle bombole d'ossigeno portate agli 8100 metri del nono campo da Walter Bonatti e dall'hunza Mahdi, guida pachistana. Il ruolo decisivo svolto da Bonatti e dal suo compagno, compiuto in condizioni climatiche di rara insidiosità, aggrappati, di notte, senza tenda, a pochi centimetri di roccia ghiacciata, fu per lunghe stagioni minimizzato, quando non ignorato, da Compagnoni e Lacedelli, aprendo un penoso capitolo segnato da rancori, cose taciute, provocazioni, querele, e infinite polemiche. Solo nel 2004, a cinquanta anni dall'episodio, smentendo la relazione ufficiale sottoscritta da Desio, una commissione istituita dal Club Alpino Italiano e formata da Fosco Maraini, Alberto Monticone e Luigi Zanzi, fece definitiva chiarezza sulla vicenda, riconoscendo le ragioni di Bonatti, a cui favore si erano tra l'altro in più occasioni schierate alcune tra le maggiori figure dell'alpinismo nazionale e internazionale, prima tra esse, Reinhold Messner, primo uomo al mondo capace di scalare, tra il 1970 e il 1986, tutti i quattordici "ottomila" del pianeta. Nella sua rispettata attività di guida alpina e di maestro di sci nella Scuola di Cervinia, nei lunghi anni di vita trascorsi dopo l'impresa del 1954 e segnati anche da una bella presenza, a fianco di Sordi e Gasmann, nella "Grande guerra" girata nel '59 da Mario Monicelli, mentre Bonatti affidava la ricostruzione dell'episodio a due testi, "Processo al K2" e "K2: la verità", Achille Compagnoni non volle mai accettare versioni diverse da quelle riportate nella relazione ufficiale del capo-spedizione. A distanza di oltre mezzo secolo da quel giorno del 1954, mentre resta inalterata l'entità di una grande impresa firmata da italiani e mentre si chiude la parentesi umana di uno dei suoi protagonisti, resta l'amarezza di un episodio vissuto dolorosamente sulla pelle dei protagonisti.

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