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Libri incastrati nel labirinto È ora di trovare vie d'uscita

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Ognianno ottocento nuove sigle editoriali. Ma nel 2008 un mercato in flessione del 7 per cento. Dietro l'angolo l'incognita editoria elettronica. E dunque il nodo scorsoio: capire quale strada imboccherà il mondo del libro. Giuliano Vigini, il massimo esperto del settore (a Milano dirige l'Editrice Bibliografica, l'osservatorio di tutto quanto si pubblica in Italia) è in partenza per Torino. Presiederà convegni, parteciperà a tavole rotonde, presenterà un suo libro su un comparto mai esplorato, l'editoria religiosa. Diagnosticherà, soprattutto, lo stato di salute dell'oggetto che tutti amiamo ma in pochi usiamo. Una ricognizione che anticipa a Il Tempo. Vigini, cominciamo con i numeri. Vendite in flessione. Il 2008 è stato pesante. Hanno tenuto le librerie, con un calo del due per cento. Ha fatto passi da gigante l'acquisto in Internet, più 29,7 per cento. Ma tenendo conto di tutti i canali (vendite per corrispondenza, in edicola, rateali) siamo sotto del 7,1 rispetto al 2007. Peraltro, sono esauriti certi processi. Per esempio, i libri allegati ai giornali. Chiudono le case editrici? Più che chiudere, molte restano in sonno. Nel 2008 sono spuntate 862 sigle editoriali nuove. Magari pubblicano un titolo, poi niente. Sa, dei 10 mila editori italiani, sono attivi solo la metà. Quelli che contano non superano i 300. E quelli che acciuffano il best seller sono sempre i soliti. I soliti anche nelle cataste esposte dai librai. Ecco che cosa esce fuori da un mio studio sui primi dieci titoli venduti tra il 2000 e il 2008. Di 90, 80 sono stati pubblicati da editori di Milano: 43 Mondadori, 20 Rcs, 8 Mauri-Spagnol (Longanesi, Salani, Guanda), 6 Feltrinelli-Kowalski, 3 Castoldi. Nella classifica entrano due soli del centro-sud: il romano Fazi, il siciliano Sellerio. Ancora: cinque gruppi (i primi tre della griglia precedente più Feltrinelli e Giunti) rastrellano il 57,9 per cento delle quote di mercato. In questo quadro, il libraio fa il suo mestiere, espone ciò che vende di più. Il resto rimane in in mostra non più di 60 giorni. Un titolo che le è spiaciuto non abbia avuto successo. "L'acchito" di Grossi, edito da Sellerio. L'ho presentato a uno di quei concorsi letterari senza inghippi, il Premio Tropea. Ma insomma, che tipo di libro va di più? C'è il boom degli autori-giornalisti, avviato dal successo di "La casta". Cultura, attualità, polemiche, libri che rispecchiano costumi e malcostumi italiani. Purché scriva un giornalista. Gli editori ne vanno a caccia, anche perché sono autoreferenziali: con i passaggi in tv, sulla stampa, hanno una platea vasta. Nella narrativa? Il romanzo-thriller, i polizieschi. O anche gli storici con mix di fantasia ed esoterismo. Qui gli americani sono maestri. E gli altri? Con questo mercato concentrato su pochi titoli e generi, sono in difficoltà. Anche se fanno cose belle. Per questo è utile la Fiera del Libro. Dà visibilità ai marchi, genera affezione a questo o quello stile. Come a una griffe. Che cosa c'è in vista? L'integrazione tra il libro tradizionale e quello elettronico. Google ha già digitalizzato 7 milioni di volumi, fra tre anni i libri scolastici, per legge, andranno in rete. L'editore o cambia ora o perde il treno. Deve capire cosa gli conviene non solo per domani, ma per dopodomani. Difficile transizione. Come stare su un ponte. Si conosce il paesaggio alle spalle, non quello che verrà.

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